«Non ho fatto nessun errore perché ho rispettato le leggi che ci sono in Svizzera. Sono una vittima di tutto questo». A parlare è Oliver Camponovo, fiduciario originario di Chiasso che è stato condannato nell’inchiesta sul riciclaggio della ‘ndrangheta in Svizzera e che racconta, e si confessa, in un’intervista alla trasmissione d’inchiesta Falò (qui la puntata), in onda sulle emittenti della Tv svizzera italiana.
Il nome di Camponovo, nella ricostruzione dei giornalisti, si lega ad altri due: Giulio Martino e Franco Longo. Il primo considerato boss nei quartieri di Milano tra piazza Prealpi e viale Certosa. Il secondo, imprenditore immobiliare, è invece ritenuto un uomo di fiducia della ‘ndrangheta.
Il romanzo criminale che vede coinvolto Camponovo, ha inizio proprio da Longo nel 2010. L’imprenditore era stato infatti contattato da Giulio Martino che, dopo aver scontato 13 anni di carcere, cercava un modo per riciclare il denaro dello spaccio di droga sulla piazza milanese. «Era una persona precisa e competente, apprezzato. Era un ottimo imprenditore». Così Camponovo descrive Longo, e in poco tempo gli apre le porte della Svizzera attraverso un contratto di lavoro prima e un affitto di locazione poi.
Qualche anno più tardi, nel 2012, Camponovo conosce anche l’altro fratello di Giulio, Domenico Martino, e la moglie Antonella di Nola, che stavolta si rivolgono a lui per rintracciare un conto smarrito e sul quale erano depositati un milione e mezzo di franchi che erano intestati fittiziamente alla donna, ma che in realtà appartenevano a Giulio Martino. «Giulio partecipò a quell’incontro ma rimase in silenzio – racconta l’ex fiduciario – ma non potevo immaginare che quell’uomo fosse stato 13 anni in carcere. Io parlai solo con Domenico e la moglie». Così come per Longo, anche per Domenico Martino lo stesso fiduciario in poco tempo riuscì a richiedere il permesso per farlo spostare in Svizzera. «Non sono fiero di aver fatto eludere fisco, ma in quegli anni si poteva fare».
L’altro personaggio che legherebbe Camponovo alla ‘ndrangheta è l’imprenditore reggino Michele Surace, il cui nome è legato alla vicenda dello stabilimento Idro Mineral Beverage e a una truffa da 22 milioni di euro allo Stato. Surace era stato mandato da Martino per risolvere la questione del risarcimento che rischiava di essere sequestrato.
«In Italia ci sono delle black list, è una società come la Idro Mineral Beverage – spiega Camponovo – sarebbe stata bloccata. Qui in Svizzera non ci sono questi ostacoli». Surace riesce ad aprire il conto con Banca Stato, la banca svizzera, e ad incassare parte del risarcimento che, come viene ricostruito nell’inchiesta, viene trasferito in Croazia e da lì fa perdere le sue tracce. Per quest’operazione, rivelano i giornalisti, Martino ricevette 50mila euro, mentre Longo 80mila euro.
Nel 2014 Giulio Martino viene arrestato per traffico di droga. Ma Camponovo reagisce solo qualche mese più tardi, con l’arresto di Franco Longo e Domenico Martino 17 dicembre 2014. « Ho avuto paura perché avevo a che fare con mondo che non conoscevo», ha raccontato Camponovo. Che in quei mesi venne interrogato 10 volte sempre solo come persona informata sui fatti e solo dopo, nel maggio del 2016, è stato iscritto nel registro degli indagati. Per il procuratore federale Camponovo è «il regista dell’azione criminale, che egli stesso aveva ideato e posto in essere, mettendo a disposizione del sodalizio criminale tutto il suo sapere, le sue conoscenze e i suoi contatti con le banche svizzere ed internazionali».
ade. pa.
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