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Perché il porto di Gioia può cambiare la Calabria (e l’Italia)

Un’inchiesta di Report simula lo sviluppo che non c’è. E mette lo scalo calabrese al centro del sistema. Il nodo dei trasporti e le prospettive della Zes per un’area che potrebbe trainare il Paese

Pubblicato il: 22/05/2018 – 7:49
Perché il porto di Gioia può cambiare la Calabria (e l’Italia)

LAMEZIA TERME Se dal porto di Gioia Tauro passasse la ricchezza non solo della Calabria ma anche dell’Italia, quali potrebbero essere i risvolti economici per il territorio? La domanda se l’è posta la trasmissione di Rai3 Report, che in un’inchiesta simulata ha provato a immaginare lo scenario se il porto calabrese venisse sfruttato al massimo delle sue possibilità. Un lavoro che parte da un assunto principale: l’Italia con i suoi 7600 km di costa e i suoi 17 porti, in posizioni strategiche e con le giuste competenze, potrebbe assumere la conformazione di gigantesco retroporto. In più, la vicinanza (di qualche migliaio di chilometri) del canale di Suez trasformerebbe la nostra penisola in un importante crocevia. E in questo mondo immaginario, ma neanche poi troppo, un ruolo strategico potrebbe essere assunto proprio dal porto di Gioia Tauro che, secondo la trasmissione, potrebbe trasformarsi in quello che oggi il porto di Rotterdam è per l’Olanda. Qualche cifra: oggi lo scalo del Mare del Nord rappresenta il tre percento dell’economia olandese e il 20 percento dell’economia di Rotterdam. E si tratta di un solo porto, in un’area lunga 40 chilometri. Nulla di paragonabile ai numeri che può offrire l’Italia, che oltretutto è molto più vicina a Suez, canale che ha raddoppiato la propria capacità. «L’Italia – spiega Michele Buoni, autore dell’inchiesta – si trova adesso su una strada che da periferica è diventata centrale. Dall’estremo Oriente, all’America del Nord, passando per il Mediterraneo: è come se si fosse capovolto il mondo. Proviamo a metterla così: il nord che tira è la Calabria, intercetta i flussi commerciali, li lavora e li redistribuisce in tutto il Paese, che li rilancia in Europa e nel resto del mondo».
Se accadesse – davvero – a Gioia Tauro, tanto per cominciare, aumenterebbe in modo esponenziale il lavoro e i servizi, oltre che lo sviluppo del territorio.
«È una simulazione affascinante – dice Andrea Agostinelli, commissario straordinario dell’Autorità portuale di Gioia Tauro –, noi abbiamo molte caratteristiche importanti in un sistema portuale che voglia contare a livello globale. Abbiamo forse più di quattro km di banchine perfettamente realizzate e soprattutto dotate di fondali da 14 metri e mezzo a 18 metri capaci di ricevere le più grandi portacontenitori internazionali che possono portare fino a 20mila contenitori ciascuna». E c’è pure lo spazio per consentire a navi lunghe 400 metri di ruotare per accostarsi alle banchine. «Sotto il profilo tecnico nautico – parla ancora Agostinelli – Gioia Tauro è all’altezza dei più grandi e migliori e più efficienti porti del mondo. Fra un anno il collegamento ferroviario con Rosarno permetterà nuove operazione e non solo quelle di transhipment. Potrebbero arrivare più navi e dunque nuovi carichi. Sempre qui si potrebbe avviare la manutenzione delle navi e creare un’attività concorrenziale con altri porti del Mediterraneo». Un situazione che, secondo Agostineli, porterebbe indotto e lavoro nel territorio. Tutto però, a condizione che «l’area sia collegata al resto del mondo».
Anche Francesco Russo, assessore regionale alla Logistica e ora anche vicepresidente della giunta, prova a tracciare le nuove rotte che potrebbero collegare il porto di Gioia Tauro al resto d’Italia. «Da Gioia Tauro si risale, si attraversa verso la piana di Sibari e da Sibari ci si instrada sul corridoio Rail Freight Corridor 3 che prevede proprio l’accesso alle merci lungo l’Adriatico-Ionico e quindi da Sibari-Taranto, Taranto-Bari, e quindi l’instradamento sull’Adriatica». E le merci potrebbero raggiungere «la Pianura Padana e tutto l’asse della Germania, la Ruhr, a risalire tutta la Germania, fino all’asse di Parigi, all’Île-de-France: questo è il grande mercato che concentra il 50 percento di produzione e consumi dell’Europa».
Questi flussi di ricchezze, attraverso anche un adeguato investimento nei collegamenti soprattutto ferroviari, permetterebbero alla Calabria non solo di espandersi verso il Nord Italia e il Nord Europa ma si rafforzerebbero anche le vie verso l’oriente.
Tre le aree ponte che, secondo alcuni esperti, potrebbero collegare Gioia Tauro al resto del mondo: il collegamento con Bari e Napoli, il rafforzamento della linea tra Catanzaro e Cosenza e poi, nella parte a Sud, il collegamento tra Reggio e Messina.
L’inchiesta porta Report in giro nel sistema portuale italiano e conduce fino a Rotterdam, poi torna in Calabria. Nel retroporto di Gioia Tauro. E nel terminal automobilistico che «ha una capacità di stoccaggio di quindicimila auto. La posizione è strategica: si muovono auto dalla Cina agli Stati Uniti e in tutto il Mediterraneo. Ma si muovono e basta».
Il rilancio simulato nell’inchiesta nella realtà si lega alla Zona economia speciale, su cui la Regione ha spinto tanto negli ultimi tempi. La Zes, infatti, potrebbe far rimanere sul territorio imprese come il Gruppo Callipo oppure attrarre nuove attività industriali che potrebbero insediarsi nell’entroterra, come invece ha già fatto da qualche mese il leader mondiale nella costruzione di treni, Hitachi. «Si potrebbe addirittura ipotizzare un’inversione di tendenza dal Nord verso il Sud», azzarda Maurizio Manfellotto, amministratore delegato di Hitachi rail Italy.
Una scommessa che potrebbe cambiare il destino di un intero territorio e potrebbe intercettare una ricchezza immensa. Ma in questo quadro immaginario e simulato manca nella realtà, la visione di poter andare oltre.
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