Difficile capire l’impennata (in verità volgare oltre che nervosa), del consigliere Brunello Mirabello (l’ibrido è voluto); così come non si riuscirà mai ad avere una esaustiva chiave di lettura di qualche bordata giornalistica che “spara sui fanti” ma, contrariamente all’ammonimento classico, non “lascia stare i santi”, senza prestare la dovuta attenzione al vero regista della guerriglia scatenatasi in seno al Pd calabrese.
C’è, al vertice, il grande tragediatore che parla con tutti (o almeno millanta di farlo) e tutti tradisce. Esperto in doppio e triplo salto carpiato con avvitamento, il nostro, media fra Nicola e Mario, schiaccia l’occhio a Enzo, coccola Nicodemo, rassicura Demetrio. Poi si accomoda in sagrestia, che più in là ormai non lo fanno andare, salvo riferire che ha parlato col prete e, suo tramite, direttamente con il Padreterno. Uscito, si infila nella prima cancelleria che incontra, che più in là non lo fanno andare, salvo poi dire di aver parlato con i vertici del Csm e con quelli della Cassazione. I quali, ben conoscendo la sua proverbiale riservatezza, gli hanno raccontato di Trump e di Putin, di Salvini e di Berlusconi, di Luca Lotti e di Brunello Mirabello (ribadiamo, non è un errore ma un voluto ibrido).
Le luci della ribalta si sono spente sul teatrino della politica nel quale Ernesto Magorno per tanti, troppi anni, è stato attore protagonista e sceneggiatore, regista e costumista, produttore e bigliettaio. Comincia a non potersi inventare più niente, perché è difficile parlare con una porta chiusa. E allora cresce il nervosismo: ricordate l’impegno solenne? Il congresso regionale si farà! E tutti a stargli dietro. Tutti tranne il “Corriere” che spiegava, mai smentito, che la segreteria nazionale aveva stabilito: niente congressi regionali. Si inventò una deroga speciale “ad personam”. Altra palla spaziale.
Adesso comincia a non saper più cosa succede dalle parti del Nazareno. Peggio: viene a conoscenza delle scelte fatte solo dopo che vengono rese pubbliche. C’è quanto basta per dar via di testa. È esattamente quanto gli sta capitando.
E Brunello Mirabello resta tra i pochi che ancora stanno col naso in su a vedere il trapezista volteggiare, e spera che il funambolo sbagli il salto. Nell’attesa scopre l’integralismo sinistrorso, la purezza della razza Dem. Dichiara guerra al trasversalismo che non c’è e lo fa pontificando dalla culla del trasversalismo più perverso. Ritiene che sia da marchiare come infamia la partecipazione a un dibattito pubblico. È, invece, normale “dialettica istituzionale” il cofirmare interpellanze in consiglio regionale insieme con i big del centrodestra.
E sì, perché Mirabello in questa sua prima legislatura non si è strapazzato di lavoro ma, in compenso, quel poco che ha prodotto lo ha condiviso con autorevoli big dell’opposizione di centrodestra. Infatti, ha presentato undici interrogazioni e quattro interpellanze, di queste almeno un paio ha ritenuto di condividerle con Alessandro Nicolò, Francesco Cannizzaro e Giuseppe Graziano. E che dire della sua collaborazione legislativa con Wanda Ferro? Sì, la stessa Wanda ferro con la quale Antonio Viscomi non dovrebbe dibattere (almeno non senza il permesso di Brunello Mirabello) di sanità a Serra San Bruno. Con Wanda e con Sinibaldo Esposito ha firmato una proposta di legge sulla violenza contro le donne.
Ma non si dica che è frutto di trasversalismo.
*direttore@corrierecal.it
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