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Bimbo deceduto in piscina, la difesa: «Morto per miocardite»

I consulenti presentano una perizia secondo cui Giancarlo Esposito era vivo dopo l’uscita dall’acqua. La causa del decesso secondo la tesi difensiva non sarebbe l’annegamento

Pubblicato il: 28/05/2018 – 15:23
Bimbo deceduto in piscina, la difesa: «Morto per miocardite»

COSENZA «La verità è che Giancarlo Esposito quella mattina non si sarebbe dovuto trovare lì». Conclude così la sua deposizione Luigi Strada, medico legale, ascoltato dal giudice Giovanni Garfalo nel corso del processo sulla morte del piccolo che morì il 2 luglio del 2014 al Kinder Garden allestito nell’impianto sportivo delle piscine olimpioniche che si trovano nell’area urbana di Cosenza e gestito dalla famiglia Manna. Questa è la verità che il medico porta avanti, insieme al suo collega Andrea Arcangeli, e sostiene il dato scientifico sollevato dalla difesa degli imputati. Giancarlo Esposito non sarebbe morto per annegamento, come invece sostiene l’accusa, ma per una miocardite acuta. «Il malore – sostengono i consulenti della difesa – ha soltanto avuto nel momento dell’ingresso in acqua il suo momento di esplosione visto lo shock termico a cui è stato sottoposto il bambino nel momento in cui è entrato in piscina». Per l’avvocato Sabrina Rondinelli, membro del collegio difensivo, è un’udienza chiave: «Oggi possiamo dire con certezza che Giancarlo Esposito è stato estratto dalla piscina vivo, ed è deceduto per una miocardite».

L’AUTOPSIA E L’ACCERTAMENTO DELLA MORTE Gli imputati del processo Carmine Manna (legale rappresentante della società), e le educatrici Franca Manna, Luana Coscarello, Martina Gallo e Ilaria Bove assistono alla spiegazione dei due medici. C’è un dato che provano a capovolgere, ed è quello più spigoloso dell’intero dibattimento: Giancarlo Esposito dall’acqua è uscito vivo o morto? Per i due medici non c’è dubbio: è uscito vivo. «Il decesso è constatato al pronto soccorso non in prossimità della piscina – dice il medico legale Luigi Strada -. Il piccolo ha avuto una miocardite, quindi non è morto annegato. I soccorritori, come riportato nel verbale hanno fatto manovre di rianimazione e poi scrivono che le vie aeree non sono otturate dall’acqua, quindi non ci sono i segni del soffocamento causato da annegamento». Il quadro clinico della vittima, secondo Andrea Arcangeli, altro consulente medico della difesa, risultava già compromesso. «La fibrillazione ventricolare così come altri focolai di infezione costituiscono una condizione generale del corpo, debole – dice Arcangeli -. Non doveva andare in acqua». Accidenti e momenti fatali che si mescolano poi ad una autopsia fatta in ritardo secondo la difesa. «Non si possono aspettare due o tre giorni per fare l’autopsia – sostiene Marcello Manna legale degli imputati -. I nostri consulenti oggi cristallizzano un dato scientifico sulla morte che fino a questo momento non era emerso». Sul metodo d’autopsia ritorna più volte il medico legale Luigi Strada. «La morte per annegamento è stata diagnosticata con la cartometria un metodo del 1920 che oggi è stato abbandonato».
Nella prossima udienza il pubblico ministero procederà nel contro esame, ma nel frattempo i difensori hanno proceduto a ritirare la costituzione di parte civile.

Michele Presta
m.presta@corrierecal.it

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