Il vento dell’emigrazione ha cominciato ormai più di un secolo fa a spargere per il mondo i semi del Sud Italia. Un vento spesso non benefico, anzi, per lo più foriero di drammi umani e sociali di portata storica. C’è anche chi, però, oggi ha raccolto, anzi ha studiato il frutto di questi semi riuscendo, in alcuni casi, non certo a fermare ma in qualche modo a invertire la rotta di quel vento. La storia del Meridione, della Calabria, è fatta di traumi, di continue fratture, ma anche di ricomposizioni che a volte generano cultura, bellezza, poesia. È insomma una storia, la nostra, di abbandoni e ritorni, di una diaspora che ha portato le comunità italiane a “spaesarsi” e poi a trovare casa in ogni angolo del globo.
Diaspora, nell’origine greca della parola, non vuol dire infatti solo disperdere, ma anche disseminare. E oggi in Italia, nel Sud, in Calabria, c’è chi questa diaspora la studia in maniera organica, globale, non solo nell’accezione prettamente accademica ma contestualizzandola, immergendola nei territori che questo esodo hanno generato.
Lo si fa all’Unical, già dal 2014, grazie a studiosi come Margherita Ganeri (docente di Letteratura italiana contemporanea) che, appunto, dirige i programmi sulla diaspora italiana che oggi suscitano interesse in tutto il mondo e che trovano sbocco nel workshop intitolato “Italian Diaspora Studies”, promosso dal dipartimento di Studi umanistici (Disu) dell’Unical e in programma in Calabria dal 29 maggio al 10 giugno. Quest’anno, dallo studio delle comunità di origine italiana di Stati Uniti e Canada dei primi anni, i “Diaspora studies” hanno decisamente allargato il campo. Tra la fine di maggio e la prima decade di giugno sono infatti attesi in Calabria studiosi provenienti da università statunitensi che già collaborano con l’Unical, ma anche accademici e rappresentanti istituzionali provenienti da Australia, Canada, Germania e Sud Africa.
Quella del Disu è un’iniziativa unica perché non esistono altri centri di ricerca che allo stesso modo si dedicano allo studio delle culture della diaspora italiana come fenomeno d’insieme. E soprattutto perché queste culture finora non hanno mai davvero dialogato, né tra di loro né con i territori d’origine. Territori che invece, nel workshop dell’Unical, diventano protagonisti, anche perché si tratta di iniziative destinate non solo alla “popolazione” accademica e studentesca ma a chiunque ne sia interessato.
La Calabria, si sa, ha vissuto e vive le conseguenze più gravi dell’emigrazione e dello spopolamento, proprio per questo le tracce degli abbandoni (ma anche dei ritorni) sono disseminate (proprio come una diaspora di rovine non solo simboliche) in molti anfratti della regione. Luoghi, questi, su cui i “Diaspora studies” concentreranno l’attenzione di studiosi calabresi e internazionali perché ogni giorno, ad alternarsi a seminari e “lezioni” (l’apertura è affidata all’antropologo Vito Teti con la lezione “Tutte le Calabrie del mondo”), ci saranno escursioni che vanno dalla costa jonica alla Sila per calarsi fisicamente, da un punto di vista anche sensoriale, nei contesti ambientali da cui la diaspora è cominciata.
L’esperienza del territorio, nello studio delle culture della “dispersione” italiana del mondo, è dunque centrale. Così come lo è lo sguardo non compiaciuto, mai autoconsolatorio e vittimista, rivolto al passato e al presente delle minoranze, a storie e protagonisti “minori” della Storia che, oggi, possono rivelare molto sulla nostra stratificata ed eterogenea identità culturale.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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