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Come salvare la Calabria dallo spopolamento?

Ricette e idee in un convegno a Rende. Laratta: «Dobbiamo farne una questione nazionale». Aiello: «Mettiamo le vocazioni del territorio al centro delle politiche»

Pubblicato il: 30/05/2018 – 15:05
Come salvare la Calabria dallo spopolamento?

RENDE “Il sud sempre più vecchio, povero e spopolato. Rischio estinzione? Che cosa si può fare”.
Su questi temi è ruotato il partecipato seminario della Fondazione Futuro/Plurale che si è svolto al Museo del presente di Rende, alla presenza di esponenti politici bipartisan, sindaci, studiosi dell’Università della Calabria, tantissimi giovani.
Ad aprire i lavori Franco Laratta, già parlamentare e attuale consigliere di amministrazione di Ismea, che ha lanciato un appello accolto da molti: «Dobbiamo fare della vicenda dello spopolamento del sud e in particolare della Calabria, una questione nazionale, anzi di più: europea. Il Sud dalle 1000 potenzialità, la Calabria dalle tantissime bellezze e dal potenziale economico e sociale del tutto inespresso, deve essere sostenuta in un grandissimo sforzo per evitare che diventi definitivamente marginale. Ci sono molte risorse nazionali ed europee che non vengono utilizzate, ci sono ritardi infrastrutturali da coltivare, ci sono interventi strutturali da realizzare. Ma soprattutto c’è bisogno di lanciare l’allarme: è in atto una fuga della Calabria nel silenzio generale di tutte le istituzioni. Lavoriamo insieme per salvare la Calabria».
Ampia e approfondita la relazione del docente Francesco Aiello dell’Unical che ha detto che «oggi più che mai le condizioni macroeconomiche impongono l’abbandono del modello di dipendenza che per 60 anni ha consentito al sud di vivere al di sopra delle proprie possibilità. È necessario mettere al centro delle politiche e delle azioni dei privati la valorizzazione delle competenze e delle vocazioni dei territori, che in Calabria significa principalmente capitale umano altamente formato da trattenere nei settori traino, ossia l’agricoltura, il turismo, alcuni comparti di manifattura leggera e, soprattutto, il terziario avanzato». Per Aiello è necessario «concentrare i capitali pubblici e privati in questi settori, poiché sono questi che garantiscono nel breve periodo effetti sistemici su tutto il territorio regionale. Serve fare massa critica per consentire alle produzioni locali di affrontare le sfide della competitività mondiale».
Eugenio Aceto, imprenditore e consigliere provinciale di Cosenza ha proposto aiuti alle piccole e medie imprese in difficoltà economica, un forte coinvolgimento della Comunità europea per adottare misure idonee per la Calabria che non sfrutta i fondi europei, creando bandi specifici per il rilancio dell’agricoltura e del turismo religioso, balneare e culturale. Ma prima di tutto ha sollecitato un’inversione di rotta della nostra mentalità, al fine di smetterla di piangerci addosso, stimolando i giovani a diventare imprenditori di se stessi e non un popolo di laureati senza futuro.
Il sindaco di Paola, Roberto Perrotta, ha messo in evidenza le condizioni in cui sono costretti ad operare i sindaci e le amministrazioni comunali. Lo spopolamento è legato allo stato di abbandono delle realtà più deboli proprio da parte dalle istituzioni. I nostri giovani non ce la possono fare se rimangono in condizioni da non potere operare e realizzarsi. La politica è lenta per la burocrazia uccide. Ai giovani dobbiamo però ancora lasciare una speranza.
Il sindaco di Rende, Marcello Manna ha parlato della Calabria come un popolo eternamente in fuga. Occorre fare una battaglia insieme, uniti, e lanciare un modello Calabria. Non è possibile che il 50% dei comuni in dissesto si trovi in Calabria. Non si può continuare ad andare avanti così. Non ci sono le condizioni per fare impresa. Manca un modello di sviluppo. Ma la risposta è unirsi e lavorare insieme.
Sono seguiti tanti interventi ed è emersa un’idea: la Calabria si salva con uno sforzo condiviso di tutte le forze politiche, economiche e sociali. Non c’è molto tempo, considerato il fatto che per l’Istat entro il 2050 saranno andati via oltre 400 mila calabresi. Un fenomeno dalle conseguenze devastanti.

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