Che il governo sia un monocolore pd o un distillato dell’accordo giallo-verde tra Lega e M5S cambia poco. Gira e rigira il ministro dell’Interno resta un “calabrese”. Ma, nel passaggio dal Marco Minniti a Matteo Salvini, le virgolette sono d’obbligo. Reggino doc il primo, milanese eletto nella circoscrizione Calabria il secondo. È il meccanismo del Rosatellum a fare del leader della Lega (non più Nord) un senatore calabrese. Salvini, infatti, era candidato in cinque diverse circoscrizioni plurinominali al senato, risultando eletto in quattro (Lazio 1, Lombardia 4, Liguria e Calabria). In questi casi, la legge elettorale prevede che il candidato opti automaticamente per la circoscrizione in cui la lista ha preso meno voti. Tra le quattro circoscrizioni in cui Salvini è stato eletto, quella calabrese è stata quella in cui la Lega ha preso meno voti (59mila), e per questa ragione il leader leghista è un “nostro” senatore. La continuità con Minniti, probabilmente si fermerà qui: le politiche sulla migrazione dei governi di centrosinistra sono finite nel mirino di una campagna elettorale che, puntando (anche) sulla demonizzazione dei migranti, ha reso dividendi altissimi al segretario della Lega. Il “contratto di governo” siglato con il Movimento Cinquestelle prevede una stretta sugli ingressi e le incendiarie promesse elettorali erano incentrate su migliaia di rimpatri. «Sono felice di fare il primo intervento da quasi ministro – ha detto Salvini a Sondrio, “inaugurando” la sua carica –. Il mio impegno riguarderà la sicurezza di 60 milioni di italiani. Non vi nascondo che a casa loro sarà una delle nostre priorità. Quindi porte aperte in Italia per la gente perbene, ci vorrà pazienza e impegno. Sarò il ministro di tutti – ha aggiunto – spero di girare tutto il Paese per la sicurezza, combattendo mafia e ‘ndrangheta».
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