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Tiro al bersaglio contro tre migranti, ucciso un trentenne

Feriti anche altri due uomini: cercavano materiale in una fabbrica abbandonata per costruirsi un ricovero di fortuna. Il fatto è avvenuto a San Calogero, al confine tra i Vibonese e il Reggino. Uno…

Pubblicato il: 03/06/2018 – 1:22
Tiro al bersaglio contro tre migranti, ucciso un trentenne

VIBO VALENTIA Ucciso solo perché cercava materiale per costruire un ricovero di fortuna in una fabbrica abbandonata. Puntato come un bersaglio e abbattuto. È morto così Sacko Soumayla (nella foto), ventinovenne maliano, ucciso ieri notte a San Calogero, tra il vibonese e la piana di Gioia Tauro, da qualcuno che si è appostato nei pressi dell’ex fornace, la fabbrica abbandonata dove spesso i migranti che lavorano in zona cercano pezzi di lamiera o pannelli per mettere su un riparo.

Anche Soumayla era lì per questo motivo. Ieri notte era insieme ad altri due uomini, Madiheri Drame, 39 anni, e Madoufoune Fofana, 27 anni, quando qualcuno ha iniziato a sparare da una casa abbandonata, a circa 150 metri dall’ex fabbrica.
Colpito alla testa, il ventinovenne si è accasciato a terra mentre il misterioso cecchino ha continuato a sparare. Madiheri Drame, il trentenne che era con lui, è stato colpito alla gamba, mentre il più giovane dei tre, Madoufoune Fofana, 27 anni, è riuscito a trovare riparo e a sfuggire ai colpi del cecchino che poco dopo si è dileguato.
Allertati dal 27enne rimasto illeso, i carabinieri sono immediatamente arrivati all’ex Fornace e Soumayla è stato trasferito al reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Reggio Calabria, tuttavia neanche l’immediato intervento chirurgico è riuscito a salvarlo. Non sono gravi invece le condizioni del trentenne rimasto ferito, anche lui operato nella notte e già dimesso. Drame, uno dei sopravvissuti, ha raccontato ciò che sarebbe accaduto sabato notte: «Stavamo raccogliendo delle lamiere quando si è fermata una Fiat Panda bianca vecchio modello ed è sceso un uomo con un fucile che ci ha sparato contro 4 volte».
Tutti regolarmente residenti in Italia, i tre uomini vivevano nella vecchia tendopoli di San Ferdinando, il ghetto di baracche e tende di fortuna qualche mese distrutto dall’incendio in cui ha perso la vita Becky Moses. Ed è lì che questa mattina sindacati, associazioni e comitati che da tempo si occupano dei braccianti si stanno dando appuntamento. Alla tendopoli c’è rabbia e disperazione per l’ennesimo lutto che colpisce la comunità che lì continua a vivere nonostante le reiterate promesse di progetti alternativi di accoglienza. E in prefettura sono preoccupati. In nottata, al termine di una riunione d’urgenza del coordinamento delle forze di polizia è stata programmata un’ulteriore intensificazione dei controlli nell’area. Nel frattempo, le indagini, affidate ai carabinieri di Vibo Valentia, proseguono. All’attenzione degli investigatori ci sono i filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona, da cui si spera di ricavare elementi utili per risalire all’identità del cecchino. L’assassino, che non è ancora stato rintracciato, potrebbe essere lui stesso un frequentatore della zona che già in passato avrebbe saccheggiato di materiale ferroso la fabbrica diroccata.
MARRA (USB): «È STATA AGGRESSIONE» «Da quello che raccontano i sopravvissuti non possiamo che qualificarla come aggressione. La vittima e gli altri due ragazzi stavano prelevando lamiere e altri materiali da una fabbrica da tempo sequestrata perché sono stati trovati fanghi tossici provenienti da Brindisi e chi ha sparato ha preso la mira per quattro volte da 150», dice Peppe Marra del sindacato Usb, fin da stamattina alla tendopoli.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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