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Usura a Cosenza, «Mai dato soldi a Mimmo Castiglia»

Nel processo “Lacqueo” la testimonianza di un imprenditore “vessato” smentisce le parole del pentito Violetta Calabrese

Pubblicato il: 07/06/2018 – 18:39
Usura a Cosenza, «Mai dato soldi a Mimmo Castiglia»

COSENZA Delle due l’una. Toccherà al Tribunale di Cosenza, presieduto dal giudice Carpino, stabilire quale sia la verità giuridica. Al processo Laqueo, in cui alla sbarra ci sono gli imputati su cui grava l’accusa per usura nella città di Cosenza, una delle persone offese interrogato dal pm De Bernardo della Dda di Catanzaro smentisce in buona sostanza la testimonianza del collaboratore di giustizia Roberto Violetta Calabrese.
Testimonianza chiave quella del pentito che pare però vacillare a confronto con il racconto reso in udienza da Giovanni Porco, imprenditore del Tirreno, che ha riferito come si è generato il rapporto che lo ha visto coinvolto nelle vicende di usura. Violetta Calabrese a quella “bacinella” in cui avrebbero conferito soldi tra gli altri anche Luisiano Castiglia e Giovanni Guarasci, Danilo Magurno, Francesco Magurno, William Sacco e Ariosto Francesco Mantuano. «Non ho mai dato soldi a Mimmo Castiglia (lo chiama così ma il riferimento è a Luisiano ndr) ne ho mai pensato di contattarlo per un prestito usuraio. Tutto quello che è successo dai prestiti ai lavori fatti in casa per i ritardi li ho fatti a casa di Calabrese Violetta».
L’imprenditore conosce Luisiano Castiglia nei lontani anni ottanta. I rapporti tra i due rimangono buoni, ma la crisi del 2008 mette in crisi non solo le banche ma soprattutto la piccola imprenditoria. «Io avevo un problema di crediti che non mi venivano pagati, ma allo stesso tempo avevo dei debiti con i fornitori – dice il costruttore-. Mi rivolsi a Mimmo che mi presento Calabrese Violetta. Ci incontrammo rapidamente, io gli diedi un assegno di 15mila euro e lui mi diede in contanti 13 mila e 500 euro». Non era uno scambio alla pari perché dentro c’era la quota “spese”, il tasso usuraio, che gli imprenditori pagavano per avere la copertura finanziaria. «Castiglia prima di presentarmelo mi aveva avvisato che non mi conveniva contattare Calabrese Violetta ma io in quel periodo avevo bisogno di quei soldi».
Ogni volta che faceva qualche giorno di ritardo, secondo quanto riferito da Giovanni Porco, l’attuale collaboratore di giustizia lo faceva andare a casa sua per fare dei lavori alla casa o al giardino come compensazione per il ritardo. «Ho smesso di pagarlo alla vigilia di Ferragosto del 2009, è durata un anno intero e poi mi ero rimesso in sesto».

mi. pr.

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