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Le quattro ore di agonia di Sacko e il racconto del testimone

Le indagini che hanno portato all’arresto del 42enne Antonio Pontoriero ricostruiscono le fasi dell’omicidio. «Muoveva le braccia per chiamare aiuto»

Pubblicato il: 09/06/2018 – 12:34
Le quattro ore di agonia di Sacko e il racconto del testimone

VIBO VALENTIA Era riverso sul pavimento lurido dell’ex Fornace di San Calogero. Respirava affannosamente e «muoveva le braccia come per richiamare aiuto, lamentandosi per il dolore». La ferita sulla sua testa perdeva copiosamente sangue. È così che alle 19,30 del 2 giugno scorso i carabinieri hanno ritrovato Sacko Soumaila, 29 anni. Era in quello stato da più di un’ora, da quando un uomo ne aveva fatto un bersaglio facile con un fucile calibro 12. Quest’uomo viene oggi indicato dagli inquirenti in Antonio Pontoriero, 42 anni, tratto in arresto (qui i dettagli della notizia) con l’accusa di omicidio. L’agonia di Sacko è durata diverse ore: si è spento alle 22,15 all’ospedale di Reggio Calabria. Secondo gli investigatori è stato colpito tra le 17,30 e le 18,20. Le ore della sua agonia sono state drammatiche, sono accaduti fatti di gravità inaudita e di assoluta mancanza di umanità.
Quando i colpi hanno cominciato a fendere l’aria all’interno della vecchia fabbrica abbandonata dove tre extracomunitari stavano cercando lamiere per costruire dei rifugi, un tetto sopra la testa nel ghetto di San Ferdinando, si sono accorti che un uomo da un’altura, alla distanza di circa 70 metri, li stava prendendo di mira. L’amico Drame Madhieri avverte Sacko di mettersi al riparo, di scendere dal tetto del rudere dal quale stavano prelevando le lamiere. Ma non fa in tempo. Sacko viene colpito e cade per terra. Drame si ripara dietro un muro ma fa in tempo a vedere l’uomo che gli punta il fucile contro che si sposta «al fine di avere una migliore visuale della mia sagoma». L’attenzione dell’assassino però, viene attirata dal terzo uomo, Madou Fofana, che stava trascinando delle lamiere fuori dallo stabilimento. Fofana diventa il terzo bersaglio ma, riparato dai pannelli, rimane illeso. «Nel frattempo l’uomo col fucile – racconta Drame – continuava nella sua ricerca di me e Fofana per spararci contro». E ci riuscirà, perché mentre Drame cercherà di muoversi verso un rifugio migliore verrà colpito alla gamba destra. L’urgenza è quella di mettersi in salvo. Il pericolo di vita è reale. Per tutti e tre. Sono momenti disperati, un amico è a terra, una figura con un fucile li bracca da sopra un’altura. Drame scappa, una fuga precipitosa verso la strada principale. Ogni tanto si volta indietro e allora, allontanandosi, scorge accanto all’uomo col fucile una vecchia Panda bianca. Drame sa che vicino al luogo dove c’era l’uomo col fucile vivono due extracomunitari e va da loro. Pensa che il killer sia andato via ma poco dopo vede avvicinarsi un uomo con gli stessi abiti di colui che aveva visto abbattere il suo amico poco prima. Ha paura, chiede il permesso di tornare all’ex fornace, di soccorrere Sacko. Quello alza le mani e dice che non avrebbe fatto niente. Drame allora supplica un atto di umanità, un passaggio in ospedale per quell’amico che li aiutava, che lui considera come un fratello e che ora sta riverso in una pozza di sangue. Ma quello dice che non ne vuole sapere niente. Sale sulla Panda bianca e se ne va in direzione di Vibo. A Drame, che riconoscerà poi in foto l’uomo, non resta che tornare alla fornace. Sarà Fofana a precipitarsi dai carabinieri di Rosarno e portarli sul luogo dell’agguato. Arrivano alle 19,35, chiedono subito l’intervento del 118 che arriva alle 19,55. Si prestano le prime cure, si chiama l’elisosoccorso. Vista però l’impossibilità di intervento dell’elisoccorso alle 20,30 arriva l’ambulanza che porta Sacko all’ospedale di Reggio. Dove alle 22,15 il giovane, con una moglie e una figlia di 5 anni in Mali, dopo ore di agonia, mentre i suoi amici tentavano di aiutarlo correndo disperati e senza mezzi, muore.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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