Con la consueta enfasi che accompagna ogni fatica del Consiglio Regionale in sede legislativa (al ritmo di poche decine di atti legislativi all’anno), è stata annunciata l’approvazione della Legge Regionale “Disciplina regionale dei servizi di Polizia Locale e promozione di politiche integrate di sicurezza urbana”, licenziata dall’assemblea in data 4.6.2018 su iniziativa del consigliere Neri. L’attesa di cittadini, funzionari ed amministratori locali riposta su un intervento del legislatore regionale che mettesse mano alla nuova disciplina sulla polizia locale, era giustificata dalla anacronistica normativa precedente del 1990, causa di non poche disfunzioni del servizio svolto nelle nostre città dalla polizia urbana, ruolo in continua trasformazione, chiamata a svolgere puntuali e moderni compiti quotidiani di sicurezza urbana.
Nella nuova legge regionale si riscontra mancanza di originalità nelle scelte tese ad incidere sull’efficienza della polizia locale e sull’impatto dei servizi da essa curati a beneficio della qualità della vita dei cittadini. Ulteriore segno di un lavoro preparatorio approssimativo è costituito dalla telegrafica “relazione descrittiva” la cui esiguità denota come gli attori regionali non abbiano avvertito la necessità di spiegare bene ai cittadini le ragioni e le finalità del provvedimento legislativo. Evidentemente, manca la percezione di una Pubblica Amministrazione tenuta a porre al suo epicentro il cittadino inteso come fruitore dei suoi servizi e, soprattutto, come persona da valorizzare nel suo ambiente percepito in senso favorevole allo sviluppo della sua personalità.
La riforma regionale della polizia locale rappresentava l’occasione per liberarsi del fardello della Polizia Provinciale, frutto dalla fantasia amministrativa degli anni novanta, creato in supporto ad un ente ora in via di smantellamento, privo di risorse finanziarie e, soprattutto, di idee. Peraltro, l’infruttuosità dei compiti assegnati agli agenti provinciali richiedeva, con coraggio, la revisione radicale, ripagando la comunità della incomprensibile scelta di dotare le Province di un proprio corpo di polizia, rivelatosi un costo secco per le casse pubbliche senza procurare il minimo profitto sociale. Analoga considerazione va fatta per la Città Metropolitana per la quale non si scorge la necessità, dettata da una rigorosa analisi costi/benefici, del corpo
di polizia.
Appare singolare, fra i tanti problemi elusi o trattati in maniera approssimativa dalla normativa, il macroscopico rilievo attribuito in dettaglio alla Festa Regionale della polizia locale, istituita solennemente fra le diposizioni generali (art.5), nella ricorrenza del 20 gennaio, San Sebastiano. Si scorge un intento
demagogico e strumentale tendente a combinare sacro e profano, non proprio in linea con i valori sanciti dall’art. 8 della Costituzione. Indicativo di una tendenza a mancare appuntamenti pressochè irripetibili nell’approvazione dei rari atti legislativi che vanno ad incidere direttamente nella vita quotidiana delle persone, occorre soffermarsi sull’art.15, dedicato alla “Gestione associata del servizio di polizia locale”, nel quale la Regione si limita ad una pura declamazione priva di valore precettivo: “La Regione promuove ed incentiva la gestione associata del servizio dì polizia locale al fine di aumentarne il grado dì efficienza, efficacia ed economicità ed assicurare livelli elevati di sicurezza urbana sul territorio”. Così formulato, l’obiettivo della gestione associata del servizio di polizia locale ha un carattere ottativo; esprime un generico impegno – che la politica regionale difficilmente sarà in grado di onorare – senza un accenno a modalità, tempi e misure di accompagnamento delle forme di gestione associata che l’attività regionale è chiamata ad attuare presso gli enti locali. In altri termini, la parte più complessa della disciplina dipenderà dalle azioni, future ed incerte, del governo regionale lasciando frattanto scoperto, su gran parte del territorio regionale, l’esercizio delle funzioni di polizia locale.
Sul punto, segnalo il progetto di Legge regionale PL n. 332 “Disciplina della Polizia Locale”, proponente Chiarella, depositato presso la Segreteria del Consiglio regionale in data 14/10/2008, cui ho partecipato nella sua redazione, che assegnava centralità proprio alla gestione associata delle funzioni di polizia locale. Il Capo IV prevedeva, per i comuni minori, la figura del corpo intercomunale, valorizzando la disciplina, di rilievo strategico per la Regione, fissata dalla legge regionale 24/11/2006 n.15 sulle forme associate fra enti locali, adattata alla particolarità dei compiti di polizia locale (art.14). È appena il caso di notare che legge regionale 24/11/2006 n.15 costituisce uno dei pochi esempi organici – del tutto trascurato – di riforme regionali. Per agevolare l’azione dei comuni ad associarsi per rendere servizi di sicurezza locale ad un livello adeguato alle pretese individuali e collettive, il testo della proposta del 2008 prevedeva il Piano regionale per i corpi intercomunali cui era affidato il compito: a) della ricognizione degli ambiti territoriali omogenei
per l’esercizio associato dei compiti di polizia municipale; b) della verifica delle forme associative dei compiti di polizia municipale in linea con la normativa in progetto; c) della determinazione dei criteri per la concessione degli incentivi finanziari a sostegno delle forme associative previste all’articolo 20 Legge
Regionale Calabria 24/11/2006 n.15. A completamento della volontà di dotare tutti i comuni di un apparato efficiente di polizia locale, ipotesi molto interessante ed innovativa era rappresentata dalla previsione del potere sostitutivo della Regione che, in caso di inerzia degli enti interessati, avrebbe provveduto, entro tre mesi, alla costituzione dei corpi intercomunali di polizia municipale negli ambiti territoriali omogenei che ne
fossero stati sprovvisti (art.15).
Nel raffronto con la proposta di legge del 2008, la legge regionale in commento sembra propendere non già per un cambiamento guidato dall’azione regionale, ma affidandosi alla buona volontà dei singoli enti locali, politicamente ed operativamente molto deboli, intenderebbe privilegiare la stasi organizzativa della polizia locale, destinata, in queste condizioni, a non poter contribuire concreto ad “un ordinato svolgimento della vita civile”. Stupisce, poi, il silenzio del provvedimento legislativo sulla cooperazione della polizia locale in materia di contrasto alla criminalità organizzata che, nel progetto 2008, era stato sancito fra i principi fissati nell’art.1. Eppure fra le fonti che hanno ispirato il nostro legislatore regionale, la legge regionale Lombardia n.6/2015, articoli 5, 34, e la legge regionale Campania n.12/2013, articolo 2, pongono fra le finalità della polizia locale l’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Evidentemente, non è casuale che un testo piatto e modesto su un tema fondamentale abbia favorito la convergenza della totalità dei consiglieri regionali in un voto unanime che, da una parte è agitato come indice di responsabilità politica, dall’altra deve indurre a riflettere sulla qualità del nostro regionalismo.
*Ex consigliere comunale Lamezia Terme
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