REGGIO CALABRIA Da enfant prodige della destra reggina alla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Si conclude di fronte al tribunale di Reggio Calabria che lo condanna a 12 anni di reclusione la parabola dell’ex consigliere comunale Dominique Suraci, per anni grande mattatore di preferenze nella città calabrese dello Stretto. Per lui, il pm Stefano Musolino aveva chiesto una condanna a 30 anni sostenendo la piena partecipazione all’associazione mafiosa che per anni ha trasformato la grande distribuzione in un business equamente condiviso fra i clan, oltre che una macchina generatrice di voti, ma qualcosa sembra non aver convinto i giudici. Toccherà attendere le motivazioni per comprendere come mai, nonostante innumerevoli dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, intercettazioni e riscontri, per il collegio Suraci non sia un affiliato, ma un concorrente esterno, tuttavia per lui la pena rimane pesantissima. Anzi, la più alta fra quelle inflitte agli imputati.
CONDANNATI E ASSOLTI Decisamente severa è anche quella inflitta al suo storico socio, il noto imprenditore Giuseppe Crocè, punito con 8 anni e 6 mesi di carcere, mentre arriva l’assoluzione per i due figli, Barbara e Francesco. Insieme a loro strappano un’assoluzione la compagna di Suraci, Senia Saloua, Vincenzo Ferrigno, Rodolfo Diani e Antonino Monorchio. Per tutti gli altri invece, incluso il noto legale Mario Giglio, punito con 4 anni e 6 mesi sono arrivate condanne anche severe.
Il tribunale ha infatti condannato a 10 anni Luciano Falcomatà, a 6 anni Pasquale Utano, a 4 anni e 6 mesi Rocco De Angelis e Antonio Cotugno, a 4 anni Michele Crudo, Carmine Polimeni e Domenico Polimeni, a 3 anni Marcello Brunozzi, e a 2 anni e 6 mesi Francesco Calafiore. Per Pino Rechichi e Costanza Ada Riggio è stato disposto il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.
GRANDE DISTRIBUZIONE IN MANO AI CLAN Secondo quanto emerso dall’inchiesta, tutti quanti erano a vario coinvolti nel sistema messo in piedi da Dominique Suraci che per anni ha drogato la grande distribuzione a Reggio e provincia. Cuore dell`inchiesta è l`intricata storia del fallimento della Vally Calabria, società che a metà degli anni `90 gestiva una catena di discount tra Reggio e provincia, prima controllata da una cordata di imprenditori tra i quali Dominique Suraci e successivamente passata pressoché interamente in mano all`ex consigliere comunale. È stato lui – ha dimostrato l’inchiesta – a permettere alle società dei clan di entrare nel sistema per appropriarsi delle forniture più diverse.
LA MACCHINA ELETTORALE Ma per Suraci, la grande distribuzione non era solo un modo di fare affari, ma soprattutto per trasformare i rapporti con la ‘ndrangheta in sicure preferenze elettorali, che alle comunali del 2007 gli avrebbero permesso di stravincere con quei 1205 voti che l’hanno reso il candidato più votato della propria lista, secondo solo a Giovanni Bilardi (1524 preferenze). A portare voti al “mulino” di Suraci non sarebbero stati solo i fornitori – e le consorterie di cui sarebbero espressione – cui il politico spesso garantiva «espressamente la più sollecita evasione dei crediti vantati dalle ditte e/o società a loro riconducibili». Ma anche le società miste, come la Multiservizi, sarebbero state per Suraci un modo di convogliare quelle che la Procura definisce vere e proprie clientele, cui estorcere un voto in cambio di un’assunzione. Un ricatto subdolo che l’ex consigliere non avrebbe avuto alcuna remora a declinare anche nel mondo della formazione: stando alle risultanze dell’inchiesta gli studenti maggiorenni della scuola di cui Costanza Ada Riggio era titolare, sarebbero stati costretti a votare il futuro consigliere, pena la bocciatura. A raccontarlo – contenta – all’ex assessore è stata la stessa Riggio che – ascoltata dagli inquirenti – afferma: «(…) Sai chi mi danno i voti? Me li daranno gli alunni che devono fare esami e si spaventano che se poi io scopro che non hanno votato poi li faccio bocciare, cioè non succede però … però voglio dirti: così glielo dico, gliela metto, proprio, figlioli una mano lava l’altra».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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