REGGIO CALABRIA In fuga da Oliverio. Il governatore, ormai da un po’ di tempo, teorizza una nuova coalizione allargata, aperta al civismo, in grado di supportare un traballante Pd e la sua ricandidatura alle prossime Regionali. Il piano, insomma, c’è ed è forse l’unico progetto sostenibile, considerato il peso di avversari come il Movimento 5 Stelle e un sempre più atipico centrodestra. Il guaio, per Oliverio, è che, se il suo rapporto con gli attuali alleati dovesse continuare secondo lo stesso canovaccio degli ultimi mesi, rischia di trovarsi solo. Le fronde e i mal di pancia, all’interno della sua maggioranza, ormai non si contano più. L’elenco delle contestazioni mosse al presidente è assortito: dalla mai digerita scelta degli assessori esterni a scapito degli eletti al mancato coinvolgimento dell’assemblea regionale nelle scelte politiche più importanti, dalla scarsa considerazione in cui sono stati tenuti i consiglieri fino alla fallimentare gestione del settore sanitario.
Nella maggior parte dei casi, non si tratta di semplici atti di dissidenza, ma di vere e proprie manovre di smarcamento in cerca di un posto al sole che sia il più lontano possibile dall’ombrellone di Oliverio. Diversi consiglieri del centrosinistra non sembrano per nulla intenzionati a riproporre una loro candidatura nelle liste che, nell’autunno 2019, faranno capo a Oliverio.
La lista degli scontenti è lunga e per certi versi nota. In posizione fortemente critica ci sono Vincenzo Ciconte, Antonio Scalzo, Giuseppe Neri, Mimmetto Battaglia e Franco Sergio. L’ultima convention dell’associazione Dems (foto), che in Calabria si riconosce nelle posizioni del dissidente per eccellenza, Carlo Guccione, ha chiarito alcune delle posizioni in campo. Tra i presenti, un po’ a sorpresa, c’erano proprio Ciconte e Sergio; per alcuni un chiaro segnale della loro presa di distanza dalle posizioni del governatore. E c’era, pure, l’ex deputato Bruno Censore, che da fedelissimo del presidente sembra essere diventato un contestatore della sua linea. Un cambio di orientamento probabilmente dettato anche dalla sua mancata nomina nella giunta regionale, in occasione dell’ultimo rimpasto.
Chi per il momento predica invece cautela è Giuseppe Giudiceandrea, ma il suo scontro aperto con Nicola Adamo e Luigi Guglielmelli, a pieno titolo membri dell’inner circle del presidente, potrebbe spingerlo a cambiare aria (dalle parti di Guccione?) pur di non finire in una posizione di marginalità.
Chi resta? Sicuramente il capogruppo del Pd, Sebi Romeo, che in queste settimane si è trasformato nel portavoce ufficiale del nuovo progetto di allargamento («da Emiliano a Musumeci») ideato per dare una seconda possibilità a Oliverio. Solo che i dati finora registrati sono tutt’altro che incoraggianti. Il primo test elettorale in cui si è cimentato il nuovo civismo di Romeo ha anzi portato a esiti catastrofici: a Locri la lista sponsorizzata dal capogruppo dem (e da Oliverio) è stata asfaltata dal sindaco uscente e riconfermato, Giovanni Calabrese.
Certo, il governatore può sempre contare su Giuseppe Aieta che, malgrado le frizioni degli ultimi mesi, pare ancora intenzionato a dare piena fiducia a un leader di cui ha sempre riconosciuto le qualità umane e morali. Tutto qui, per ora, mentre i dissidenti ufficiali sono già diretti verso altri lidi e quelli meno esposti prendono tempo in attesa che l’orizzonte si schiarisca un altro po’. Il risultato è che Oliverio ha davvero pochi uomini su cui contare in vista della prossima sfida elettorale.
Perfino il presidente del parlamentino regionale, Nicola Irto, non sembra più disposto a dare credito alle promesse del governatore. «Credo – ha detto in un’intervista pubblicata lunedì dalla Gazzetta del Sud – che l’intero Consiglio debba riprendere coscienza di quanto sia urgente fare le riforme di cui abbiamo parlato e su cui abbiamo lavorato in questi anni. Le riforme sono reali quando producono effetti per la vita dei cittadini, non prima. Non basta annunciarle, programmarle e avviarle. Bisogna realizzarle». Un messaggio che a molti addetti ai lavori è suonato come un vero e proprio ultimatum.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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