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«Il Pd ha una sola strada: quella dell'unità»

di Bruno Villella*

Pubblicato il: 13/06/2018 – 12:29
«Il Pd ha una sola strada: quella dell'unità»

Nel Pd calabrese urge un atto di responsabilità dando l’immediato avvio ad un confronto per una radicale operazione di chiarimento politico. Si rompano gli indugi. Il dato elettorale delle ultime amministrative spegne a livello locale le ambizioni dei 5s, a partire dai vari municipi di Roma, registra l’avanzata delle destre e, al contrario delle generali aspettative, il Pd non sprofonda, anzi in alcune aree registra una buona tenuta. Un dato affatto scontato, che richiede una seria riflessione, al netto degli imperanti tatticismi e personalismi. Invece, continuiamo ad assistere basiti a prese di posizione intrise anche da accenti schizofrenici, da parte di dirigenti del Pd Calabrese, che oscillano dagli impegni solenni del dopo 4 marzo, di far rinascere i circoli investendo sul radicamento territoriale del partito, invocando generiche fasi costituenti, per approdare, in queste ore, all’esaltazione acritica del civismo salvifico e nel frattempo il partito langue, è spenta la sua iniziativa e la vita democratica. Parti che si candidano, in contrapposizione ad altri pezzi dello stesso partito, a dare vita a forme di civismo per il governo dei territori e del Paese, con accuse di milazzismo, rivolte impropriamente e strumentalmente utilizzate. 
Quando si racconta di un Pd come una «federazione di gruppi di potere» si getta fango soprattutto su quei tanti militanti che non hanno mai partecipato ad alcun banchetto, se mai esistito, al quale magari tante volte si saranno accomodati gli stessi mestatori. Colpisce la disinvoltura con la quale si cambia posizione, suffragata dalla totale assenza di argomentazioni. Capisco certe tendenze superficiali e propagandistiche dei tempi che viviamo, che tuttavia ritengo dobbiamo continuare a respingere perché esogene alla tradizione, alla cultura e alle prassi della sinistra democratica, che paradossalmente viene dagli stessi invocata. Vanno respinti atteggiamenti elusivi, probabilmente innescati da atavici sensi di colpa, ma comunque pericolosi perché alterano una realtà che rimane altra e spesso distante. Attenti, perché se cadono gli orpelli si corre il rischio di doversi schierare tra chi vuole sinceramente dare vita a un soggetto politico democratico ed europeista, in grado di arginare i rischi dei sovranisti e dei neo nazionalismi e tra chi alimenta il caos nel quale fare galleggiare derive personalistiche e avventurose. Si dica con chiarezza che il ruolo del soggetto politico e in generale della tradizione democratica per la costruzione di una alternativa di governo vada al più presto definito senza tatticismi, ambiguità e scorciatoie, che va messo in sicurezza questo progetto, al riparo di tutto, magari anche da malcelate rievocazioni “sessantottine” del tipo “sciogliamoci nei movimenti”. Non siamo alla “fine della storia”. Rappresentiamo una comunità, con una sua storia, con grandi valori e insieme ad altri possiamo dare un forte e originale contributo al Paese. Anche l’ultimo dato elettorale ha dimostrato, plasticamente in Sicilia, che non si scappa dalla propria storia ed ancor più che non esiste civismo riparatore o rifugio, ove mimetizzare le proprie responsabilità. Si rischia così di dissipare gli spazi reali del civismo che sono complementari ai limiti della proposta politica strutturata. 
L’azione di supplenza del civismo trova spazio non certo negli ambiti sovranisti in ascesa, ma dentro il contesto della rappresentanza del pensiero democratico ed europeista, che avrebbero dovuto costituire le fondamenta politiche e culturali del Pd minate dai cortocircuiti culturali che ne hanno impedito l’inverarsi. Sta qui il discrimine rispetto ai populismi e ai forconi. Oggi in molti iniziano a interrogarsi, si diradano le prime nubi, comincia a delinearsi chiaramente il contesto e la posta in gioco: iniziamo noi a fare scelte di campo chiare. È intollerabile attardarsi ulteriormente in assenza di una netta proposta politica e di un senso di marcia. Nei giorni scorsi, credendo di interpretare un sentimento diffuso, che a maggior ragione oggi rinnovo, ho rivolto un accorato appello per una nuova stagione unitaria, da attualizzare nell’ambito dell’apertura della fase congressuale nazionale. Una stagione nella quale ritornare a stare tutti insieme, perché i nostri avversari (e che avversari) sono all’esterno del Pd. Perché solo insieme si può trovare la salvezza, conciliando la nostra esistenza con l’utilità per il Paese. Su questo saremo in tanti a spenderci e auspico a dare vita a un potente coro nelle prossime ore. In alternativa si leveranno tanti, non silenziosi, “io non ci sto più”.


*direzione regionale Pd

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