Nell’ultimo triennio, il sistema regionale italiano ha versato nella casse dell’Unione europea ben 44 miliardi di euro incassando soltanto 35 miliardi di euro con un saldo “in rosso” pari a 8,5 miliardi di euro. Nel 2017 l’ammontare complessivo generato dai territori per “restare” in Europa è stato pari a 14.881 milioni di euro con un incremento del 3,9% rispetto all’anno precedente quando il monte contributi aveva raggiunto i 14.328 milioni di euro.
Italia divisa in due nella distribuzione dei rapporti finanziari con le istituzioni comunitarie: tutte le regioni rientranti nell’ex “obiettivo convergenza” (regioni meno sviluppate e regioni in transizione), eccezion fatta per l’Abruzzo, presentano un saldo positivo pari a 7 miliardi di euro mentre, al contrario, le regioni più sviluppate (ex “obiettivo competitività”) hanno versato decisamente più di quanto incassato con un “credito” maturato pari a oltre 15 miliardi di euro.
Una dicotomia probabilmente “condizionata” – si legge in un dossier di Demoskopika – dall’attuazione della politica di coesione con cui l’Unione europea, attraverso l’impiego dei fondi strutturali, punta a riequilibrare i divari esistenti, a livello di sviluppo economico e di tenore di vita, tra le diverse realtà regionali.
In questo scenario, inoltre, è la Lombardia a risultare il maggiore finanziatore italiano con oltre 10 miliardi di euro di contributo stimato ma anche la realtà più penalizzata considerato un saldo negativo pari a ben 5,5 miliardi di euro. Situazioni significativamente più convenienti per Sicilia e Campania che hanno ricevuto circa 4 miliardi di euro in più di quanto hanno versato.
È quanto emerge dalle stime contenute nello studio “Europa Bicefala. Analisi dei rapporti finanziari del sistema regionale italiano con le istituzioni comunitarie” realizzato dall’Istituto Demoskopika che ha osservato il periodo 2015-2017.
«Lo studio, seppur non esaustivo in quanto incentrato principalmente nella relazione dicotomica del dare/avere, – commenta il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – conferma le criticità generate dalla complessità del sistema di finanziamento dell’Unione europea che, principalmente negli attuali meccanismi di riscossione e di calcolo delle risorse, come più volte evidenziato dalla Corte dei Conti europea, risulta poco leggibile disincentivando processi di controllo diretto da parte dei cittadini».
«È auspicabile, – continua Raffaele Rio – nell’ottica del raggiungimento dell’autonomia finanziaria dell’Unione europea, un’accelerazione delle istituzioni comunitarie nella valutazione del progetto di riforma presentato dal Gruppo di alto livello istituito dai presidenti della Commissione, del Parlamento europeo e del Consiglio europeo nel 2017. Proposta che prevede l’introduzione di tasse e imposte direttamente connesse alla dimensione europea. In questo quadro, riformare l’attuale meccanismo di partecipazione al bilancio dell’Unione europea – conclude il presidente di Demoskopika – produrrebbe, senza alcun dubbio, un cambiamento della percezione dei cittadini in direzione di una maggiore consapevolezza collettiva circa la capacità di metter in comune risorse in modo economicamente più efficace e di una minore convinzione che finanziare l’Europa rappresenti principalmente un fattore di costo per il “sistema Italia”».
Versamenti all’UE: 44 miliardi da reddito nazionale lordo, IVA e dazi. È stata pari a 43.998 milioni di euro, la somma dei contributi europei versati dall’Italia all’Unione europea nel periodo 2015-2017 che l’Istituto Demoskopika ha potuto stimare su base regionale partendo dalla cosiddette “risorse proprie”.
In particolare, la contribuzione degli Stati membri al Bilancio dell’Unione europea, per come ben evidenziato nell’ultima relazione della sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali della Corte dei Conti, è finanziato principalmente attraverso tre tipologie di “risorse proprie”: la risorsa basata sul Reddito nazionale lordo (Rnl), la risorsa propria basata su un’aliquota uniforme (pari allo 0,3%) applicata alle basi imponibili Iva armonizzate e, infine, le risorse proprie tradizionali, costituite dai dazi doganali sulle importazioni e dai contributi sulla produzione dello zucchero, detratta una ritenuta per oneri di accertamento e riscossione.
Entrando nel dettaglio dei dati rilevati, emerge che la quota del contributo ascrivibile alla risorsa basata sul Rnl è stata pari 33.895 milioni di euro rappresentando ben il 77% delle entrate da risorse proprie analizzate. A seguire 5.087 milioni di euro, pari all’11,6%, di dazi sulle merci provenienti importate dall’Italia e provenienti da fuori Unione europea e, infine, 5.016 milioni di euro, pari all’11,4%, quale quota proveniente dall’Iva.
Finanziamenti dal “basso”: in testa Lombardia, Lazio, Veneto ed Emilia Romagna. Sono quattro i principali finanziatori del bilancio comunitario. Lombardia, Lazio, Veneto ed Emilia Romagna, nel triennio osservato, hanno versato nella casse europee ben 23 miliardi di euro pari alla metà del finanziamento complessivo italiano: la Lombardia ha contribuito con 10.047 milioni di euro pari al 22,8%, il Lazio con 4.711 milioni di euro (10,7%), il Veneto con 4.198 milioni di euro (9,5%) e l’Emilia Romagna con 4.006 milioni di euro (9,1%). Seguono con un livello di contribuzione rilevante altre quattro realtà territoriali: Piemonte con 3.470 milioni di euro (7,9%), Toscana con 2.924 milioni di euro (6,6%), Campania con 2.652 milioni di euro (6,0%) e Sicilia con 2.264 milioni di euro (5,1%).
Sono quattro, inoltre, i sistemi regionali analizzati che presentano valori assoluti di partecipazione al bilancio dell’Unione Europea superiore al miliardo di euro: Puglia con 1.838 milioni di euro (4,2%), Liguria con 1.241 milioni di euro (2,8%), Marche con 1.057 milioni di euro (2,4%) e Trentino Alto Adige con 1.034 milioni di euro (2,3%).
Le rimanenti regioni, infine, si caratterizzano per livelli osservati significativamente minori: Friuli Venezia Giulia con 958 milioni di euro (2,2%), Sardegna con 887 milioni di euro (2,0%), Calabria con 802 milioni di euro (1,8%), Abruzzo con 799 milioni di euro (1,8%), Umbria con 539 milioni di euro (1,8%), Basilicata con 308 milioni di euro (0,7%), Molise con 155 milioni di euro (0,4%) e, infine, Valle d’Aosta con 107 milioni di euro (0,2%).
Accrediti dall’Ue: tre regioni del Sud tra le prime quattro. Campania, Sicilia e Puglia hanno ricevuto un castelletto di pagamenti europei per circa 12 miliardi di euro nel periodo che va dal 2015 al 2017. Un dato che colloca le tre regioni del Sud rispettivamente al primo posto (Campania), con 4.903 milioni di euro, al terzo posto (Sicilia) con 3.996 milioni di euro e al quarto posto (Puglia) con 3.071 milioni di euro nella graduatoria dei sistemi regionali maggiormente beneficiari di risorse comunitarie. Tra loro, collocandosi al secondo posto, si affaccia la Lombardia che ha ricevuto 4.521 milioni di euro.
A seguire, nell’analisi degli accrediti in valore assoluto stimati su base regionale, si posizionano, in ordine decrescente, il Lazio con 2.786 milioni di euro, il Veneto con 2.310 milioni di euro, il Piemonte con 2.210 milioni di euro, la Calabria con 2.156 milioni di euro e l’Emilia Romagna con 2.077 milioni di euro. E, ancora, la Toscana con 1.860 milioni di euro, la Sardegna con 1.105 milioni di euro, la Liguria con 795 milioni di euro, le Marche con 743 milioni di euro, l’Abruzzo, con 709 milioni di euro e il Friuli Venezia Giulia con 594 milioni di euro. In coda, per pagamenti in valore assoluto ricevuti dall’Unione Europea si collocano i rimanenti cinque sistemi regionali: Trentino Alto Adige con 491 milioni di euro, l’Umbria con 462 milioni di euro, la Basilicata con 408 milioni di euro, il Molise con 177 milioni di euro e, infine, la Valle d’Aosta con 73 milioni di euro.
“Relazioni finanziarie”: per il sistema regionale, saldo negativo di 8,5 miliardi di euro. Per il sistema delle regioni analizzato, la differenza tra i versamenti e gli accrediti stimati da Demoskopika mostra complessivamente un saldo negativo pari a 8.548 milioni di euro: 43.998 milioni di euro di contributi al bilancio europea a fronte di 35.450 milioni di euro ricevuti.
Dallo studio emerge un’Italia divisa in due nella distribuzione dei rapporti finanziari con le istituzioni comunitarie: tutte le regioni rientranti nell’ex “obiettivo convergenza” (regioni meno sviluppate e regioni in transizione), eccezion fatta per l’Abruzzo, presentano un saldo positivo pari a 7 miliardi di euro mentre, al contrario, le regioni più sviluppate (ex “obiettivo competitività”) hanno versato decisamente più di quanto incassato con un “credito” maturato pari a oltre 15 miliardi di euro.
È la Lombardia ad avere il saldo negativo più rilevante: 5.526 milioni di euro pari al 65% dell’intero credito generato dall’intero sistema italiano secondo le stime dell’Istituto Demoskopika. Immediatamente dopo si collocano altre cinque sistemi regionali che presentano un bilancio “in rosso” rilevanti nel rapporto tra dare e avere con l’Unione europea: Emilia Romagna (-1.929 milioni di euro), Lazio (-1.925 milioni di euro), Veneto (-1.887 milioni di euro), Piemonte (-1.259 milioni di euro) e Toscana (-1.064 milioni di euro).
Saldo negativo anche Trentino Alto Adige (-542 milioni di euro), Liguria (-446 milioni di euro), Friuli Venezia Giulia (-364 milioni di euro) e Marche (-314 milioni di euro). Contrassegnati dal “segno rosso”, seppur con livelli meno significativi, anche il saldo dell’Abruzzo (-90 milioni di euro), dell’Umbria (-77 milioni di euro) e della Valle d’Aosta (-34 milioni di euro).
Le realtà territoriali che, al contrario, hanno ricevuto più risorse comunitarie rispetto al loro contributo sono, ad eccezione dell’Abruzzo, tutte le regioni rientranti nella ex priorità della cosiddetta “Convergenza” verso la quale sono canalizzati la maggior parte dei fondi che gestiscono risorse per investimenti a favore della crescita e dell’occupazione. E, in particolare, presentano saldi positivi le quattro regioni meno sviluppate, ossia quelle con un Pil pro capite inferiore al 75% della media comunitaria: Puglia (+1.233 milioni di euro), Calabria (+1.354 milioni di euro), Sicilia (+1.732 milioni di euro) e Campania (+2.251 milioni di euro). Infine, tra le regioni cosiddette in transizione, ossia con un Pil pro capite compreso tra il 75% e il 90% della media comunitaria, registrano un saldo positivo il Molise (+22 milioni di euro), la Basilicata (+100 milioni di euro) e la Sardegna (+218 milioni di euro).
Classifica per contributo pro-capite: lombardi primi, calabresi ultimi. Quanto ha pagato ciascun cittadino italiano per “sostenere” l’Europa dal 2015 al 2017? In media circa 875 euro ricevendone soltanto 585 euro.
Dall’analisi dei dati, a livello regionale, emerge che a contribuire maggiormente all’Unione europea sono i cittadini che, in proporzione, hanno ricevuto meno risorse comunitarie. Calcolando, infatti, l’ammontare della contribuzione in base al numero dei cittadini residenti in ciascuna regione italiana, il quadro che emerge è abbastanza evidente: ogni lombardo, nell’ultimo triennio, ha sborsato ben 1.003 euro a fronte dei 408 euro di un calabrese. Un andamento, ancora più evidente, se confrontato alle somme ricevute: 451 euro per ogni cittadino residente in Lombardia a fronte di 1.097 euro di un cittadino residente in Calabria.
Continuando nell’analisi del livello di contribuzione pro-capite, immediatamente dopo i lombardi si posizionano i residenti del Trentino Alto Adige con 973 euro per cittadino ricevendone 462 euro, gli emiliano-romagnoli con 900 euro di versamenti all’Unione europea in cambio di 467 euro e i veneti con 855 contributi versati per ciascun cittadino a fronte di soli 471 ricevuti. E, ancora, lo studio di Demoskopika ha rilevato un ammontare di versamenti pro-capite per la Valle d’Aosta pari a 847 euro (579 euro ricevuti), per il Lazio pari a 799 euro (472 euro ricevuti), per la Liguria pari a 793 euro (508 euro ricevuti), per il Piemonte pari a 790 euro (503 euro ricevuti), per il Friuli Venezia Giulia pari a 787 euro (488 euro ricevuti), per la Toscana pari a 781 euro (497 euro ricevuti).
E, ancora, dal 2015 al 2017, i marchigiani hanno versato 687 euro pro-capite a fronte di trasferimenti dall’Unione Europea monitorati per 483 euro, gli umbri 606 euro di pagamenti effettuati in cambio di 520 euro e gli abruzzesi 605 euro (536 euro ricevuti).
Infine, sono sette le regioni i cui residenti, in termini pro-capite, hanno ricevuto dall’Unione europea più di quanto hanno versato: i lucani con 540 di versamenti effettuati a fronte di 716 euro di pagamenti ricevuti, i sardi con 536 euro versati a fronte di 668 euro ricevuti, i molisani con 499 euro versati a fronte di 571 euro ricevuti, i campani con 454 euro versati a fronte di 840 euro ricevuti, i pugliesi con 452 euro versati a fronte di 756 euro ricevuti, i siciliani e i calabresi rispettivamente con 448 e 408 euro di contributi al bilancio comunitario in cambio di 790 euro e ben 1.097 euro “incassati”.
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