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«Cosa nasconde davvero l’omicidio di Sacko?»

di Libera Vibo

Pubblicato il: 14/06/2018 – 16:14
«Cosa nasconde davvero l’omicidio di Sacko?»

La morte tremenda di Sacko Soumayla bracciante e sindacalista maliano, getta luce su due grandi ombre del nostro tempo e della nostra terra, che ormai conosciamo da anni, ma che facciamo finta di non vedere fin quando però, del sangue innocente, non ci costringe ad alzare gli occhi verso una realtà dissacrante e tragicamente brutale. Da un lato il caporalato e la condizione di miseria e schiavitù in cui vivono i migranti nella baraccopoli di San Ferdinando, e dall’altro l’estremizzazione fanatica del senso di proprietà frutto di una sottocultura che fa della violenza e del controllo indiscusso punto di forza, dietro la quale forse, si nasconde dell’altro.
Erano ormai calate le luci del giorno quando Sacko Soumayla insieme ad altri due braccianti, si recò nei pressi della Fornace la Tranquilla, a San Calogero, luogo di confine tra la provincia di Vibo Valentia e quella di Reggio Calabria.
Non volevano rubare, come qualcuno con grande facilità disse tirando frettolosamente le somme della vicenda, ma cercavano solo delle vecchie lamiere arrugginite con cui ricostruire la baraccopoli di San Ferdinando dopo l’incendio devastante in cui aveva perso la vita Becky Moses, nigeriana di soli 26 anni. Soumayla nonostante avesse già una “casa”, se così possiamo definire il luogo che gli dava riparo dopo una giornata di lavoro disumana, aveva deciso di raccogliere quel materiale per dare una mano ai suoi compagni. Una solidarietà che gli costò la vita.
Il colpo alla testa sparato da un fucile da caccia, gli fu fatale. Si spense così, nel silenzio della notte, un uomo, un padre, un lavoratore e un sindacalista sempre dalla parte degli ultimi che faceva della sua voce amplificatore della richiesta di dignità di migliaia di giovani donne e uomini sfruttati, derelitti e succubi di un potere di giocoforza che si dimentica dell’essere uomo.
A San Calogero e dintorni dove si muore per una lamiera, si registrano alti tassi di mortalità per cause tumorali.
Forse che Sacko e suoi compagni avevano oltrepassato una linea invalicabile, addentrandosi in un “non luogo” dove è meglio non entrare?
Ad uccidere da un’altura poco distante sembra essere stato Antonio Pontoriero, il quale rivendica diritti di proprietà su quell’ex fabbrica abbandonata posta a sequestro nell’operazione Poison. L’uomo è nipote di un ex dipendente della “Fornace Tranquilla”: suo zio lì faceva il custode e sarebbe stato tra quelli che – stando all’inchiesta “Poison” della Procura di Vibo – avrebbe in passato intrattenuto i rapporti con i rappresentanti delle aziende che producevano i rifiuti che sarebbero poi finiti alla “Tranquilla”.
La Fornace dicono le indagini, è la discarica più pericolosa d’Europa, in quanto contiene oltre 130mila tonnellate di rifiuti provenienti dalle centrali Enel della Puglia e della Sicilia.
Il nome è un ossimoro per quel posto tutt’altro che tranquillo, alla cui storia si lega un’altra morte sospetta, quella di Antonio Romeo di Taurianova, proprietario della fornace in questione. Romeo infatti, fu trovato morto nella sua auto fatta precipitare volutamente dalla strada provinciale perNicotera, nella zona di Coccorino. Venne ritrovato svestito con la maglia che gli copriva la testa. Un chiaro segnale per punire chi “aveva visto troppo e non doveva vedere”.
Il processo, nonostante sia iniziato nel 2012 non ha ancora portato ad una sentenza, anzi l’udienza fissata per il prossimo 28 giugno, potrebbe portare ad una prescrizione per i dodici imputati. Nessuno dunque, pagherà per i danni ambientali e di salute che quel traffico di veleni ha creato alla terra e alla gente che la abita. Così che il senso di impunità largamente diffuso in Calabria, possa radicarsi ancora di più.
Le domande apparentemente senza risposta bombardano le nostre coscienze.
Cosa davvero nasconde l’omicidio di Sacko?
Quanto davvero possiamo credere che non aleggi l’interesse della ‘ndrangheta intorno alla vicenda della Tranquilla?
Quanto vale davvero, la nostra vita?
Ci auspichiamo che il sacrificio di Sacko e delle tante persone vittime innocenti, in queste zone, di mali incurabili e della voglia sfrenata di “non uomini” senza scrupoli di fare affari interrando tonnellate e tonnellate di veleni possa trovare delle risposte e gettare i riflettori su quella discarica della morte che non possiamo più far finta di non vedere. Risposte concrete delle quali devi farsi carico, anzitutto, la politica e le istituzioni a partire dalla necessità impellente di bonificare completamente tutta l’aria per cercare di fermare la guerra dei veleni che è in atto in quei territori e che uccide in silenzio.

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