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«La (buona) agricoltura può cambiare la Calabria»

di Antonio Viscomi*

Pubblicato il: 16/06/2018 – 16:02
«La (buona) agricoltura può cambiare la Calabria»

Ieri ho incontrato alcune delle più importanti realtà imprenditoriali della filiera agricola della nostra regione. Ho incontrato uomini e donne segnati dalla voglia e dalla capacità di fare e fare bene, orgogliosi della possibilità di dare lavoro vero, regolare e certificato, a seicento persone, capaci di porsi come interlocutori credibili nei mercati nazionali ed europei, protagonisti di innovazioni tecnologiche e produttive diventate patrimonio comune delle imprese collegate, pronti a rischiare in proprio rinunciando anche a partecipare ai bandi per i fondi regionali pur di non aver a che fare con una politica e una burocrazia, incapaci, entrambe, di comprendere che logiche e tempi di una impresa che sta sui mercati sono cosa ben diversa dalle logiche e dai tempi dei politici e dei burocrati, o almeno di alcuni tra questi. Insomma ho avuto ancora una conferma che in questa regione si può cambiare, se solo si ha una visione, se si è capaci di fare tesoro delle competenze e delle esperienze di chi sta sul campo, se si ha la capacità di dire no ad approssimazione ed improvvisazione. Ho avuto anche una ulteriore conferma: la politica deve limitarsi a disegnare la cornice all’interno della quale gli attori sociali, individuali e collettivi, possono e devono disegnare il quadro. L’indirizzo, quindi, e le regole comuni per un gioco corretto. Ed è però una cornice che, in agricoltura, chiede oggi di essere ancora ripensata, proseguendo nel lavoro di innovazione ordinamentale già svolto negli ultimi anni dai governi del Partito Democratico. Penso, tanto per fare qualche esempio relativo ai soli rapporti di lavoro, all’esigenza di mettere mano: ai modelli di gestione delle relazioni commerciali e dei rapporti organizzativi, in modo tale da superare i limiti derivanti da una frammentazione proprietaria del sistema delle imprese; alla stessa articolazione del sistema di contrattazione collettiva, che deve focalizzare sempre più da vicino le esigenze a livello di impresa, di filiera e di distretto; al riconoscimento della necessaria flessibilità organizzativa connessa alla variabilità naturale della produzione agricola, che impone di adeguare le regole generali alle specificità settoriali; alla semplificazione trasparente dei sistemi retributivi e alla più precisa strutturazione delle regole sulla intermediazione e somministrazione di manodopera per identificare con chiarezza ed immediatezza i comportamenti illegali da contrastare; alla formazione continua degli addetti, perché sbaglia veramente chi pensa che l’agricoltura sia ancora un mondo antico e immobile; ai mercati locali del lavoro agricolo, contrastando in modo radicale tutti i fenomeni di concorrenza sleale giocati sulla pelle dei lavoratori, in particolare immigrati. Per fare questo occorre una grande iniziativa strategica degli attori collettivi e istituzionali. Anzi, ancor prima: una visione strategica sul ruolo dell’agricoltura nel sistema economico del paese, e direi anche della Calabria. Ognuno con i suoi interessi ed obiettivi, certo; ma tutti consapevoli che la sfida competitiva sul mercato agricolo può essere vinta solo rafforzando la qualità dei prodotti e dei processi produttivi. Sia però chiaro: senza qualità del lavoro non vi potrà mai essere qualità del sistema. Ecco perché è necessario tutelare il lavoro e la dignità di chi lavora se si vuole competere nei mercati globali. Mi pare una buona battaglia per il Partito Democratico.

*deputato del Pd

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