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«Meridione predestinato a lottare tra gli ultimi»

di Enrico Caterini*

Pubblicato il: 16/06/2018 – 11:30
«Meridione predestinato a lottare tra gli ultimi»

Il Meridione pare predestinato a lottare tra gli ultimi, ad essere fanalino di coda nella società europea. Ciò nonostante esprima intelligenza, onestà, talenti, creatività e lavoro riconosciuti nel mondo intero.
Cos’è che non gira. S’è detto che occorre saldare i rapporti istituzionali tra le regioni meridionali sulla base dei problemi comuni. Una specie di consortium sceleris per il riposizionamento del Meridione nello scenario nazionale ed europeo, con l’aspirazione di conseguire un maggiore peso politico e istituzionale delle «forze sudiste». Al riguardo, occorre prioritariamente considerare gli assetti costituzionali presenti che impongono un’architettura non del tutto compatibile con il disegno di un sub federalismo meridionale, una specie di Lega delle regioni meridionali. Meglio, delle loro ragioni, dalle quali deriva per l’appunto il disagio. Prima di tutto l’esistenza di due regioni a statuto speciale (Sicilia e Sardegna), il cui mantenimento è quanto meno discutibile e certamente poco vantaggioso per le regioni a statuto ordinario: è come competere con concorrenti ai quali, alla linea di partenza, si riconoscono notevoli vantaggi! Se oggi dovesse occorrere un riconoscimento di statuto speciale, ossia poteri e risorse straordinari, questi andrebbero riconosciute proprio ad alcune regioni meridionali, Calabria in testa, che scontano un ritardo di crescita difficilmente recuperabile con le proprie autonome forze.
Non vi sono spazi per un’intesa sui problemi tranne che a concepirla come l’elenco delle criticità che affliggono il meridione. Per fare ciò non occorre tuttavia una classe politica, alla quale compete la ricerca delle soluzioni, basta parlare con il cittadino, vero conoscitore di tutto ciò che non va. Egli è il vero arbitro del suo non essere beneficiario dei suoi diritti.
Al ceto politico, rinnovato che sia oltre i tradizionali schemi, occorre un progetto che disegni soluzioni con la definizione di modi chiari e comprensibili di tal che ciascuno possa apprezzare e giudicare. A partire dall’assetto dei poteri. L’unità della Repubblica e la coesione sociale europea non devono tollerare divergenze di qualità della vita macroscopiche. Ciò richiede poteri speciali con funzioni compensative che sollecitino la massima e leale collaborazione tra le istituzioni di ogni livello. Non si può essere “speciali” per sempre, lo si è quando si ha bisogno e si decade quando il bisogno cessa.
Sono le istituzioni ad essere al servizio della persona, mai il contrario; le prime sono i mezzi, la seconda il fine.
Tuttavia, ciò non significa che il Rubicone dell’autonomia dev’essere invalicabile. Non significa rivendicare concentrazioni di esclusività insindacabili. Anche l’autonomia dev’essere meritata. È lo strumento delle istituzioni che non può pregiudicare però l’unità della Nazione, che poi significa parità di trattamento dei cittadini per diritti civili e sociali.
Specialità di statuto deve significare un assetto di poteri che dia garanzia di effettività di diritti e doveri. Il tema della sicurezza, per esempio, che tanto pare stia a cuore ad una parte della politica, non può essere letto soltanto con la lente dell’ordine pubblico. Esso da solo giustifica un complesso di poteri speciali che spaziano da quegli investimenti materiali e immateriali più idonei al riscatto di quella parte di popolo alla quale è negata l’effettività di diritti e doveri, pur anche formalmente riconosciuti. Se non si inverte il punto di osservazione a partire dall’effettività dei diritti e doveri delle persone e dei cittadini, qualsiasi alchimia istituzionale svanirà nella nebbia di una idealità fascinosa che durerà la stagione del suo assertore per declinare con essa.

* docente Unical

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