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Autobomba a Limbadi, De Pace: «Basta con le polemiche»

Il difensore di Rosaria Scarpulla, replica a don Stamile di Libera. «Non appartengo a nessuna dinastia, ho il dovere etico di prendere posizione»

Pubblicato il: 20/06/2018 – 20:55
Autobomba a Limbadi, De Pace: «Basta con le polemiche»

Riceviamo e pubblichiamo la lettera dell’avvocato Giuseppe De Pace, difensore di Rosaria Scarpulla, la madre di Matteo Vinci, che risponde alle parole pronunciate da Don Enzo Stamile, referente regionale di Libera. Il legale, nei giorni scorsi, aveva strappato la tessera dell’associazione (ve lo abbiamo raccontato qui) accusando le istituzioni di aver abbandonato Rosaria Scarpulla.
Prima di prendere la penna per rispondere alla “controreplica” di don Stamile, ho tanto esitato, ma quando si arriva all’ossimoro della «ricerca della verità» con un diluvio di falsità, si sente il dovere etico di prendere posizione. Stendiamo un velo pietoso sulle ascendenze familiari che, nella narrazione di don Stamile, sarebbero un segno di “auctoritas” della sua pensosa discettazione. Io non appartengo ad alcuna dinastia di avvocati. Mio padre era un macellaio di paese, morto povero. E, anch’io, per anni ho fatto il macellaio. Ma andiamo oltre queste patetiche «piccolette gare» Secondo il reverendo polemista sarei un «novello Che Guevara» per il fatto di aver dichiarato di appartenere a Lotta Comunista. Ella, don Stamile, così, rivela una ignoranza che un dirigente di un’associazione presente nel sociale non dovrebbe avere. Nel fiume di scritti pubblicati in questi ultimi sessant’anni da Amadeo Bordiga, Arrigo Cervetto, Lorenzo Parodi (principali esponenti dell’Internazionalismo Comunista), il ribellismo terzomondista e “guevarista” è stato costantemente criticato;al pari del movimentismo violento delle frange cattoliche come quella guidata da G. Semeria (uno dei fondatori delle B.R ); si legga quanto scrive «Gioventù»,l’organo della Giac (Gioventù italiana di Azione cattolica),a proposito di Che Guevara l’uno febbraio 1968, o le posizioni dell’Abbè Pierre, o di Padre Camillo Torres,ecc. Nel Pantheon dei comunisti internazionalisti non c’è Che Guevara;nel vostro,sì. Scade in un’ironia greve – da sagrestia – quando associa il mio linguaggio a quello della massoneria (“in sonno”, don Stamile, è espressione ormai di uso corrente per indicare una situazione di attesa, al posto dell’anglicismo “stand by”…). A proposito di Massoneria. Parlando dell’evangelica pagliuzza, le facevo osservare che nel Suo campo sono presenti tronchi di sequoia. Vogliamo parlare di IOR, di Michele Sindona e Guido Calvi (i “banchieri di Dio”), di Licio Gelli ecc. ecc.? Della liaison che vi congiunge a quel mondo sono piene le cronache. «Allontanato con la forza da Martino Ceravolo». Le sue parole sono false come una banconota da trenta euro. Premesso che la ricostruzione di quella vicenda è contenuta in una relazione trasmessa all’allora referente regionale Domenico Nasone e a don Luigi Ciotti, documento che Lei avrebbe avuto il dovere di consultare prima di parlare, qui, per sommi capi, gliela riferisco io. Martino Ceravolo (tre o quattro anni fa) si presentò ad una riunione del coordinamento di Libera Vibo per chiedere il patrocinio della manifestazione da lui organizzata nella ricorrenza del compleanno del povero figlio, dicendo che alla medesima avrebbero partecipato dei cantanti neomelodici. Il coordinamento non vi aderì – e vivaddio, con quei personaggi!. Martino Ceravolo lasciò la riunione con una raffica di improperi all’indirizzo di Libera e mio, ovviamente. La manifestazione in piazza non si poté svolgere per ragioni climatiche, e al suo posto si tenne un’assemblea pubblica presso la Sala Consiliare di Soriano. Alla presidenza presero posto il senatore Bevilacqua di Forza Italia, il consigliere regionale Alfonsino Grillo, esponente della lista «Scopelliti Presidente» e Martino Ceravolo. Il consigliere Grillo, nella sua prolusione, magnificava  le proprie gesta di paladino antimafia… a un certo punto gli ho fatto presente che nella Giunta Comunale, da lui precedentemente presieduta, era suo vicesindaco Bruno Patania (ora all’ergastolo). Apriti cielo! Martino Ceravolo, berciando irriferibili insulti contro Libera e il sottoscritto, mi invitava (non con la forza-mai mi sono piegato alla forza) ad allontanarmi. Me ne andai di mia spontanea volontà, per non assistere a quello spettacolo becero. Punto e basta. D’ora in poi non parteciperò a nessun’altra polemica. Le liti da perpetua le lascio a chi ha tempo da perdere.

Giuseppe De Pace

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