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ZONA FRANCA | La Procura lancia l'allarme diossina – VIDEO

Gli investigatori raccontano l’operazione. Curcio: «Paradossale che l’attività dell’ospedale sia stata bloccata dai fuochi di Scordovillo». La protesta dei familiari

Pubblicato il: 20/06/2018 – 16:20
ZONA FRANCA | La Procura lancia l'allarme diossina – VIDEO

LAMEZIA TERME L’attività della Procura di Lamezia Terme – che ha coordinato le indagini dei carabinieri del gruppo di Lamezia Terme e del Noe, Nucleo operativo ecologico – «affonda le sue radici nel 2016», come ha sottolineato il procuratore capo Salvatore Curcio ed è un’operazione che, ha ribadito il colonnello Massimo Ribaudo, comandante del Gruppo carabinieri Lamezia, «ha ad interesse la salute pubblica, per primi di coloro che risiedono nel campo rom. È l’unica finalità per cui questi accertamenti sono stati fatti». Niente a che vedere, dunque, con censimenti o discorsi di tipo etnico che hanno tenuto banco in questi giorni circa i programmi e le esternazioni del ministro dell’Interno. L’operazione che ha portato a 39 misure cautelari (qui la notizia), di cui 5 in carcere e 34 divieti di dimora, è partita all’alba di lunedì e gli indagati dovranno rispondere di furto aggravato, attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, discarica non autorizzata, inquinamento ambientale e violazione dei sigilli.
https://www.youtube.com/watch?v=bi_lncrE_cI&feature=youtu.be
DIOSSINA NEL SUOLO Come ha reso noto il capitano Pietro Tribuzio, comandante della Compagnia di Lamezia, «le prime mosse si sono avute sui delitti contro il patrimonio (furti e ricettazione) che consentivano agli stessi rom di poter effettuare allacci abusivi alla rete pubblica per un danno documentato di oltre mezzo milione di euro all’ente gestore». «Per poter effettuare gli allacci abusivi c’è bisogno di una serie di materie prime come i cavi in rame che sono uno dei furti maggiori operati dai rom che per procurarsi tali materiali ledono le forniture elettriche e idriche. Nell’ambito di queste indagini – ha proseguito Tribuzio – ci siamo imbattuti nella reiterazione di reati contro la salute pubblica (sversamento di reflui nel terreno dove vengono lavorati i metalli, ndr). È un’attività che ha permesso di dimostrare come all’interno del campo vengono svolte una pluralità di condotte che si ripercuotono in maniera assolutamente negative su esigenze pubbliche di primaria necessità». Esigenze che sono ambiente, salute pubblica e sicurezza pubblica, ha detto il pm Giulia Maria Scavello: «Le persone che sono esposte a un maggior rischio sono proprio coloro che vivono nel campo rom di Scordovillo oltre che gli utenti e operatori dell’ospedale e gli abitanti limitrofi al campo». Il dato allarmante è che sono state riscontrate particelle di diossina proprio nel terreno che riceve gli sversamenti diretti di reflui che derivano dalla lavorazione di metalli ma anche di rifiuti pericolosi. «Siamo riusciti – ha spiegato la pm – ad accertare un vero e proprio danno al suolo. È stato necessario intervenire con misure detentive, atteso che più volte la Procura di Lamezia si era mossa con provvedimenti di sequestro che non hanno ottenuto i risultati che il decreto di sequestro preventivo in sé si prefigge, cioè evitare la reiterazione continua di questo tipo di reati». «L’ufficio di Procura di si è mosso per tutelare la salute pubblica – ha sottolineato il procuratore Curcio –. È paradossale che l’attività ospedaliera del nosocomio di Lamezia Terme abbia dovuto subire delle vere e proprie interruzioni cagionate dai fumi che che derivavano dai fuochi che venivano continuamente accesi».
https://www.youtube.com/watch?v=O5zYPRb_F_E
SEQUESTRO DELLA BEDA SRL Il sostituto procuratore Scavello ha richiesto e ottenuto il sequestro preventivo della Beda srl, una società che trattava rifiuti e che aveva avuto l’autorizzazione alla raccolta e trasporto di materiale ferroso. Visti gli scarsi risultati dei precedenti sequestri preventivi, ha spiegato il magistrato, «è stato necessario sequestrare i mezzi in blocco e l’intera società e chiedere misure cautelari personali. Un’attività esercitata in forma organizzata attraverso i mezzi sequestrati tra cui mezzi pesanti come gru, camion. Le attività illecite avvenivano a fini di profitto, un traffico che parte da piccole condotte come furti e ricettazione ma che viene esercitato da anni e non solo limitatamente al campo rom di Scordovillo». Il quid novi, come ha spiegato il procuratore, di questa operazione è proprio «il sequestro preventivo su una vera e propria società, costituita da persone appartenenti alla comunità rom, che era autorizzata alla gestione e trattamento di materiale ferroso». Non è un caso che le due pertinenze territoriali più inquinate della regione Calabria rilevate dal Noe, guidato dal maggiore Gerardo Lardieri, e dall’Arpacal siano le vie di accesso al campo rom e l’area di pertinenza della Beda srl. «Avevano organizzato anche dal punto di vista imprenditoriale quelle condotte illecite – ha spiegato Curcio –. Per il momento abbiamo agito sul fronte urgenza ed emergenza per gli illeciti di natura ambientale. La parte amministrativa sarà oggetto di un approfondimento investigativo che noi stessi siamo curiosi di fare». Nella Beda, tra l’altro, non risultano dipendenti o operai, ma un solo soggetto, Antonio Berlingeri. Il traffico di rifiuti, uno dei reati contestati agli indagati, è di competenza della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e tali atti saranno trasmessi all’ufficio del capoluogo.

LE PROTESTE DEI ROM Erano una ventiva circa i rom che si sono assiepati a protestare davanti alla Tribunale di Lamezia Terme lunedì, dopo gli arresti. Oggetto delle rimostranze, la misura cautelare del divieto di dimora per 34 componenti della comunità. «Dove andranno? Hanno famiglia», protestavano. Un problema che pone non pochi grattacapi non soltanto alle famiglie interessate dal provvedimento ma anche a chi dovrà vigilare che la misura cautelare venga rispettata.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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