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l’inchiesta

Villa Aurora “spolpata”, arrestati i manager – VIDEO

Sei arresti per il crac della casa di cura di Reggio Calabria. In manette A. C., presidente di Federlazio. Bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio le accuse della Procura. La clinica usata come un…

Pubblicato il: 21/06/2018 – 10:48
Villa Aurora “spolpata”, arrestati i manager – VIDEO

REGGIO CALABRIA Hanno preso la clinica reggina Villa Aurora solo per mettere le mani sui pagamenti dei servizi per cui era convenzionata, svuotarla e poi mandarla in fallimento. Per questo motivo, su richiesta del procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e del pm Massimo Baraldo, sono finiti in manette gli imprenditori laziali Giorgio Rea e A. C., un tempo soci della Gruppo Sant’Alessandro che ha acquisito la clinica e nell’operazione di spoliazione, poi divenuti acerrimi nemici quando l’affare è saltato. Medesima misura è stata disposta per l’ex amministratore Domenico Mangiapelo, che avrebbe collaborato nella gestione illecita della società che gestiva il polo sanitario, mentre finiscono agli arresti domiciliari il suo successore nel medesimo incarico Francesco Margiotta, Marco Petricca, storico collaboratore di Rea e protagonista di un curioso passaggio di quote societarie, e Patrizia Ferri, moglie di Rea. Disposto invece l’obbligo di dimora per Giuseppe Musto. Su richiesta della procura sono stati inoltre sequestrati agli indagati beni, conti correnti e quote azionarie per 12 milioni di euro.
DUE CUORI E MILLE SOCIETÀ Si conclude dunque con arresti e sequestri la lunga agonia di Villa Aurora, anticipata da Corriere della Calabria qui e iniziata quando ad acquisirne la quasi totalità è il Gruppo Sant’Alessandro. La società viene costituita poco prima dell’operazione di acquisizione della clinica, mentre i due imprenditori procedono ad operazioni (fallimentari) in tutta Italia, inclusa quella che porta sul lastrico “La Quiete” di Varese. Dietro la società, all’epoca ci sono due imprenditori laziali, A. C., presidente della Federlazio Frosinone, e Giorgio Rea, imprenditore e palazzinaro di mestiere, ma con ambizioni politiche coltivate nell’area grande del centrodestra. I due vanno in tandem in una serie di aziende, con nome e oggetto sociale molto simile e partecipazioni societarie incrociate. Due si chiamano Gruppo Sant’Alessandro, ma una è una srl e l’altra no, due invece hanno nome quasi identico, la Altheaholding spa, costituita il 30 aprile 2014 e con sede a Sora, in provincia di Frosinone, in via Agnoletto 17, e la Althea holding spa, costituita dieci giorni prima, con sede sempre a Frosinone, ma in via Marittima 30. Una galassia quanto meno opaca, ma che non sembra spaventare gli ex soci della clinica reggina.
ACQUISIZIONE SOSPETTA Non è chiaro chi porti C. e Rea sulla riva calabrese dello Stretto, ma la transazione per l’acquisizione della clinica avviene in fretta. Della vecchia compagine societaria, rimane all’interno del cda della clinica solo la dottoressa Adele Briatico, mentre il 95% delle quote passa in mano ai due giovani imprenditori laziali. Ma quell’operazione presentava già all’epoca diverse anomalie. Primo, la Gsa – costituita poco prima dell’operazione di acquisizione – si presentava con un capitale sociale di 120mila euro, di cui solo 30mila versati. Secondo, al solerte versamento di 598mila euro di anticipo, non è mai seguito il pagamento del resto delle rate concordate. Terzo, la fidejussione stipulata a garanzia del pagamento si è rivelata carta straccia. A garantirla infatti non era un noto istituto di credito, ma la semisconosciuta Lombard Merchant Bank, poco dopo dichiarata fallita. Risultato, i vecchi soci sono rimasti a bocca asciutta.
LA GENEROSITÀ INFRAGRUPPO E I SOLDI SPARITI E con l’arrivo dei nuovi proprietari, i conti della clinica hanno iniziato a peggiorare. Nonostante il piano di profonda ristrutturazione fatto passare a forza di sacrifici del già risicato (e mal pagato) personale, i bilanci hanno continuato a segnare rosso. Tuttavia gli amministratori del Gruppo Sant’Alessandro hanno continuato ad essere munifici. Verso se stessi. Nei primi mesi del 2016, dalle disastrate casse della clinica sono partiti 12 finanziamenti infragruppo con destinazione Gsa, per un totale di 1 milione 242mila e 10 euro. E senza uno straccio di contratti, accordi o scritture che ne regolassero la restituzione. Alla richiesta di chiarimenti dei revisori dei conti, ha risposto Rea ma solo il 2 novembre 2016, con una formale pec con cui si precisa che «detti finanziamenti sono stati eseguiti su richiesta del socio di maggioranza al fine di porre rimedio ad esigenze di liquidità della capogruppo gruppo S. Alessandro spa. A tal riguardo si comunica che il su indicato finanziamento verrà restituito dalla società beneficiaria in un arco temporale di medio periodo con rate annuali a partire dal 3 novembre 2017».
CIRCOLO VIZIOSO Quei soldi – ha scoperto la Guardia di Finanza – sono servite per l’acquisto di testate giornalistiche da parte della capogruppo, la costituzione di pegni per aperture di linee di credito in favore di persone fisiche, l’acquisto di quote di ulteriori società, l’affidamento di incarichi professionali privi di giustificazioni, per rimpinguare le casse di altre società nella disponibilità dei sodali e, addirittura, per pagare il prezzo di vendita delle quote della stessa “Villa Aurora” agli ex soci.
GIOCHI DI PRESTIGIO (SOCIETARIO) Nel frattempo però anche la proprietà del gruppo si è modificata. Nel giro di pochi mesi, C. e Rea divorziano malamente, nel giro di pochi mesi si spartiscono società e affari e ognuno prosegue per la propria strada. La clinica reggina rimane a Rea, ma – sebbene quanto meno ufficialmente fra i due ex soci i rapporti si siano interrotti bruscamente – l’operazione sembra essere stata pianificata con cura. Nell’agosto 2016 viene costituita la Grs srl, società unipersonale, interamente controllata dal Gruppo Sant’Alessandro, che in pancia ha le quote della clinica Villa Aurora. Circa due mesi dopo, il Gruppo Sant’Alessandro è intenzionato a vendere la Grs srl a Giorgio Rea.
QUANTO COSTA VILLA AURORA? Ma anche qui c’è un’anomalia. Dalle carte presentate al notaio la transazione è del valore di un singolo euro. Qualche mese dopo, quando C. denuncia l’ex socio sbandiera una scrittura privata secondo cui le quote della clinica sarebbero state vendute a Rea per un milione e trecentomila euro, da versare in “comode” rate entro il novembre 2017. Mai saldati. Dunque – hanno fatto sapere nei mesi scorsi dal gruppo C. – la vendita non è da considerare perfezionata e le quote – ha rivendicato lo stesso C. fino a qualche mese fa – sarebbero da considerare di proprietà del Gruppo Sant’Alessandro. Rivendicazioni ostacolate da un’ulteriore manovra finanziaria ad hoc.
CAMBIO IN CORSA Tre giorni dopo l’arrivo in clinica di un avviso di pignoramento spedito da C. all’indirizzo del suo ex socio Rea, quest’ultimo vende le proprie quote di Villa Aurora a Marco Petricca, suo storico collaboratore. Per i magistrati, si tratta di una manovra finalizzata a «trasferire velocemente la partecipazione in Villa Aurora al fine di ritardarne il fallimento e di mantenere il controllo indiretto tramite una persona di fiducia. Appare infatti del tutto anomalo che una persona che non risiede nel territorio di Reggio Calabria acquisti una società srl (gerente una casa di cura) con un capitale di 10mila euro e notevole esposizione debitoria, in tempi così rapidi e con modalità così ambigue».
VILLA AURORA ADDIO Per rendere più convincente la sua versione e probabilmente tentare di costituirsi un alibi – sospettano dalla procura – ha denunciato l’ex socio in sede penale e civile in diversi tribunali. Manovre, alla luce del provvedimento di oggi, del tutto inutili. Anche perché Villa Aurora ha finito per sprofondare. Il patrimonio della clinica  è stato tanto depauperato da causarne il dissesto e l’ammissione della società “Villa Aurora S.r.l.”, con decreto del Tribunale dell’aprile 2018, alla procedura di concordato preventivo.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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