CATANZARO L’intervento non ha precedenti in Calabria ed è il secondo ad essere stato effettuato in Italia. A riceverlo, un paziente portatore di stent coronarico che a causa di formazioni calcifiche nel vaso, era sottoespanso e aveva perduto la sua corretta geometria, compromettendo così il regolare flusso del sangue.
«Lo “Shockwave” (questo il nome della procedura, ndr) – spiega il dottor Gaetano Morabito, emodinamista dell’équipe diretta dal dottor Bindo Missiroli – è una metodica innovativa che sfrutta delle onde d’urto simili a quelle utilizzate per il trattamento dei calcoli renali. Si tratta in particolare di un palloncino, che introdotto per via percutanea in coronaria viene gonfiato a basse atmosfere e che, opportunamente collegato a una macchina, invia degli elettroimpulsi in cicli da dieci secondi ciascuno che sono in grado di frantumare il calcio presente sulle pareti del vaso. Lo Shockwave – aggiunge Morabito – è stato introdotto in Italia da alcuni mesi ed è stato utilizzato già una decina di volte in modalità coronarica. Nell’intervento eseguito al S. Anna, però, non si trattava di favorire l’impianto di uno stent ma di restituire funzionalità a uno stent, impiantato precedentemente in un’altra struttura, che la formazione calcifica aveva compromesso. Siamo quindi molto soddisfatti – conclude Morabito – perché la procedura è perfettamente riuscita e il paziente è stato dimesso dopo quarantotto ore».
L’intervento di Shockwave è stato eseguito lo scorso 19 giugno nell’ambito della seconda giornata dedicata al “Rotablator” (altra metodica per il trattamento delle placche di calcio) cui hanno partecipato, oltre ai medici del S. Anna, sanitari provenienti dalla Basilicata e dalla Sicilia.
«Le due metodiche – spiega ancora Morabito – hanno in comune l’ambito di applicazione ma non sono alternative tra loro. Cambia piuttosto l’indicazione. Nel nostro caso, l’utilizzo del Rotablator era sconsigliato dalla presenza dello stent. Di contro, una riduzione importante del lume della coronaria a causa delle placche calcifiche renderebbe impossibile il passaggio del palloncino che caratterizza lo Shockwave. Ecco perché è importante poter disporre di tutte le opzioni possibili ed è quello che da sempre al S. Anna siamo impegnati a garantire ai nostri pazienti».
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