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«Il congresso calabrese? Pensiamo prima al futuro del Pd in Italia»

Le due anime dem si scontrano davanti al responsabile organizzativo Rossi. Che fissa le priorità («viene prima l’assemblea nazionale»). Resta il nodo della leadership. Assemblea divisa tra chi vuol…

Pubblicato il: 25/06/2018 – 23:16
«Il congresso calabrese? Pensiamo prima al futuro del Pd in Italia»

LAMEZIA TERME Ascoltare, certo. Ma anche riflettere e tentare di intravedere una sintesi tra le proposte in campo. Andrea Rossi, responsabile organizzativo del Pd, sapeva che la sua trasferta calabrese non sarebbe stata facile. Se ne sono accorti tutti, anche i giornalisti fuori dalla sala: nelle battute iniziali si è sfiorata la rissa tra il segretario provinciale della federazione cosentina, Luigi Guglielmelli, e il dirigente lametino Italo Reale. Lo scontro si è ricomposto in qualche minuto, ma per coglierlo non c’è stato bisogno di esercizi da retroscenisti: le urla si sentivano da fuori. 
Il clima, insomma, è quello che è, il partito non ha una guida certa; un giorno sì e l’altro pure c’è qualcuno che guarda di lato, guarda oltre, si guarda intorno (a proposito: Sebi Romeo, unico consigliere regionale presente, ha corretto il tiro di una sua recente uscita sul civismo. Lo considera un’opzione, «ma sempre nel perimetro del centrosinistra»).
https://www.youtube.com/watch?v=aWPiC-jA9PM
Così, quando dalla platea (non foltissima per la verità) accorsa a Lamezia Terme per un incontro sulla fase politica dem è emersa la proposta – il copyright è di Franco Laratta, ma l’idea ha trovato vari sostegni – di «mandare tutti a casa, smetterla con i congressi inutili e con i padroni delle tessere», il funzionario inviato da Roma l’ha trovata interessante («anche io sostenevo il superamento del tesseramento. Dobbiamo decidere il modello di partito che vogliamo porre in essere», dirà al termine dell’incontro). Diversamente da quanto ritenuto dall’ala “fedele allo Statuto”: per Magorno, Guglielmelli, Iacucci ed Enza Bruno Bossio meglio procedere al congresso. 
Rossi – glielo impone il ruolo – ha cercato di inquadrare la situazione locale in uno scenario più vasto. Perché la Calabria, che pure è uno dei pensieri dei vertici dem, non è esattamente il primo. Non per snobismo ma per necessità. «Abbiamo fatto un errore a non ascoltare i problemi del pd della Calabria. Ma adesso – ha spiegato il dirigente nazionale – dobbiamo cercare di avere un’idea su quello che deve essere il futuro del partito in Italia, che è qualcosa di più complicato della Calabria. E non me ne vogliano i calabresi». Ai quali lancia, nell’intervento conclusivo, un altro messaggio: «Non è solo capire quando facciamo il congresso regionale, ma di quali contenuti lo riempiamo».

L’agenda delle priorità è tutta qui. E dunque i destini dem tra il Pollino e lo Stretto sono subordinati al percorso che si farà a livello nazionale. «Noi domani – ha aggiunto Rossi – avremo un incontro con i segretari regionali e Maurizio Martina. Vedremo a breve di fare un’assemblea nazionale nella quale si aprirà un percorso che implica due strade possibili: se si apre l’assise nazionale, sarà un’assise che coinvolgerà il territorio; e, quindi, prima il territorio e poi l’assise nazionale; se, invece, si decide di posticipare il congresso a dopo le elezioni Europee, avremo bisogno, comunque, visto che abbiamo dieci segretari regionali in scadenza, di organizzare il partito sul territorio, con i congressi che dovranno essere svolti entro la fine del 2018». Il problema, a questo punto, è come arrivare (qualcuno azzarda «se ci arriveremo») al prossimo autunno.
La complessità calabrese che si sovrappone a questo quadro è tutta nella domanda di un dirigente dem: «Chi detta la linea oggi? Non può certo essere la commissione nata per redigere le linee guida verso il congresso: non ha alcun titolo per farlo. E non può farlo neanche l’ex segretario regionale (Ernesto Magorno, ndr), il cui mandato è scaduto il 23 febbraio. Deve essere Roma a risolvere il problema e traghettare il Pd calabrese». Tecnicamente, la soluzione auspicata somiglia molto a un commissariamento, anche se non sono in molti a utilizzare il termine in maniera esplicita. Il punto è – per dirla ancora con questo dirigente – «che non può essere la Calabria a scegliere, in questo clima di sospetto si rischia di far esplodere il partito». Restano un paio di questioni di fondo: «Ogni giorno vediamo esternazioni incontrollate. E abbiamo un partito regionale che interviene sulle scelte di Salvini ma non dice nulla sulla Calabria». 
Il resto è storia vecchia: il governo regionale che segna il passo (da quattro anni, secondo un pezzo del partito che lo sostiene), il partito «che non parla ai giovani» (per il segretario dei Gd Mario Valente), «è troppo litigioso e non ha affrontato i temi dell’immigrazione nel modo giusto» (Enza Bruno Bossio) e «non ha ancora elaborato il lutto, ma le sconfitte sono arrivate in tutta Italia» (Ernesto Magorno). Resta da capire se questa analisi non finisca per essere troppo “rassicurante” rispetto a quella dell’altra parte dell’assemblea, che preferirebbe l’azzeramento. E cita Cuperlo: «Adesso è tempo di chiedere scusa, ripensare ogni cosa e ripartire». O il segretario nazionale Martina: «Cambiare persone e idee». C’è chi si chiede come sia possibile farlo schierando tessere e uomini per un congresso “vecchio stile”. (ppp)

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