Un ballottaggio che ha dato ancora ragione ai pentastellati e al centrodestra, quest’ultimo perché sospinto dal populismo aggressivo di Matteo Salvini. Ha dato torto marcio al PD.
Il centrosinistra naufraga, perde 10 capoluoghi di provincia su 15 che ne amministrava. Il centrodestra, con il goleador leghista, ne guadagna 7 arrivando a 9. Le liste civiche ne conquistano 4. Rimangono dove erano i grillini, permutando Ragusa con Avellino, consegnando la città siciliana alla destra «dura e pura».
Quanto ai non capoluoghi, nel ballottaggio il centrodestra fa stragi nei Comuni al di sotto dei 15 mila abitanti. L’effetto Salvini c’è e si sente, meglio conta successi sia nel sud che altrove. Espugnate le capitali rosse di Pisa (in primis), Siena, Massa e Terni, un tempo impensabili, la Lega preparerà, di certo, l’assalto alle regionali del prossimo anno. Nel 2019 ci saranno in palio Regioni importanti e Regioni significative. Il Piemonte, che senza Chiamparino sarà preda più facile di sempre. L’Umbria, che se ne andrà com’è andata nelle comunali oggi, è già di verde dipinta. La Calabria, l’unica forse a recitare il ruolo di argine al dilagare leghista, sempre che si sappia fare qui ciò che si deve, nell’ultimo anno e mezzo scarso che ci separa dall’appuntamento elettorale.
Dalle nostre parti è importante che i partiti rispondano all’appello ovvero, alternativamente, che dalle loro ineludibili ceneri nasca la nuova linfa alla migliore iniziativa politica. Quella che occorre per fare sperare che le cose cambino, ma sul serio.
Per fare questo ci sarà bisogno di concretizzare l’offerta politica del più autentico civismo organizzato. Quel veicolo nuovo che, contrapposto alle prese in giro dei partiti, ha conquistato tre importanti capoluoghi (Barletta, Messina e Siracusa), e che sarà elemento di successo nella lotta al governo della Regione.
Del resto, i partiti sono già cotti e, in quanto tali, impegnati nei «lavori straordinari di casa» che, nonostante «i rumori delle picconate e i calcinacci prodotti», non porteranno da nessuna parte.
Il Pd è più vittima degli altri e dunque correrà il rischio di scomparire, atteso che, pare, essere già sceso a percentuali ad una sola cifra. Troppi i suoi rappresentanti incapaci di suscitare simpatia e generare quell’empatia indispensabile per conquistare il destinatario (l’elettorato attivo divenuto più sensibile ai richiami populisti). Non solo. Non sarà in grado di recuperare credibilità a causa dell’abbandono, da tempo, dei grandi temi che lo caratterizzavano, soprattutto degli ideali che motivarono l’esistenza e il successo dei due grandi partiti che lo hanno partorito. Un limite, quello di avere perso i riferimenti, che ha investito negativamente tutti i partiti della sinistra, Pd e Leu, e finanche il sindacato, emarginatosi in lotte di piccolo rango ovvero affogatosi in iniziative non propriamente condivise dal suo pubblico. Entrambi hanno perso la capacità di rendersi interpreti della sofferenza sociale, inseguendo gli altri sui loro terreni di caccia, cercando di emularli senza avere però le facce giuste e possedere il linguaggio e la franchezza necessari.
Di conseguenza, ci sarà tanto da fare per ritornare a ciò che si era e, con questo, ritrovare se stessi, riadeguati alle nuove istanze collettive. Così come avvenuto per il processo di demolizione, cui hanno dato un notevole contributo i vari D’Alema ma anche i Bersani più ricchi di contraddizioni di quanto fossero i loro goliardici aforismi, ci vorrà tanto tempo per ricostruire. Sperando che ciò sia ancora possibile.
Nel frattempo, occorrerà, specie in Calabria, occupare lo spazio politico lasciato vuoto. Prioritariamente, necessiterà offrire tutela, come detto, alle sofferenze della società. Quella di oggi e quella che sarà domani, a seguito del processo di necessaria inclusione, certamente da mediare e, principalmente, moderare in relazione alle intolleranze in circolazione che accreditano le esuberanze di Salvini.
Un compito arduo sarà quello di dare voce al civismo politico. Un tema non trascurabile e difficile da digerire. Da erigere tuttavia a megafono, meglio a colonna portante di una novellata proposta politica da consegnare alla società civile perché sappia ascoltare e decidere del suo futuro. Un’idea da trasformare nel migliore progetto di governo regionale, per fare sì che l’elettorato sappia diventare, con il proprio diretto consenso, il custode di se stesso e dei desiderata sociali, attento pertanto alle soluzioni utili a trasformare l’attuale dolore civile prima in sfida autentica e, di guisa, in successo.
*docente Unical
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