ROMA C’era anche un misterioso uomo di Villa San Giovanni nella rete larga dei fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro. Il dettaglio emerge dal monitoraggio di attività e frequentazioni dell’ambasciatore del superlatitante, Raffaele Cinuzzo Urso. Arrestato qualche mese fa, Urso, considerato un «gran massone» fra il 7 e il 10 marzo 2016 si trova nella Capitale per una serie di incontri. Accompagnato da Mimmo Nardo, un siciliano trapiantato a Roma da molti anni, vede alcune persone. Le fotografie dei carabinieri – pubblicate dal quotidiano LaRepubblica -ritraggono Urso a colloquio con un calabrese di Villa San Giovanni, all’interno di un locale in ristrutturazione di via Simone de Saint Bon, dalle parti del Vaticano. Chi sia, al momento non è dato sapere.
LA PISTA CALABRESE Ma non è la prima volta che la caccia a Matteo Messina Denaro incrocia piste calabresi. Qualche mese fa, l’indagine della Mobile di Palermo ha svelato che forse la primula nera di Cosa Nostra potrebbe aver trovato rifugio dall’altra parte dello Stretto. A suggerirlo agli investigatori sono stati due mafiosi partannesi Nicola Accardo e Antonino Triolo, che ascoltati dagli investigatori dicono «Ascolta lui … qua non gli ha detto che sta qua. Era in Calabria ed è tornato». Il dato non è recentissimo, ma è preciso. Ed risale sempre al marzo del 2016, lo stesso periodo in cui l’ambasciatore di Messina Denaro incontrava il misterioso villese a Roma. Tutti dati che sembrano confermare un’ipotesi: come in passato i massimi vertici di Cosa Nostra hanno potuto contare sulla ‘ndrangheta per garantirsi un rifugio comodo e sicuro.
LA PASSIONE DEI LATITANTI SICILIANI PER LA CALABRIA Il catanese Nitto Santapaola- ha raccontato il pentito Vincenzo Grimaldi – ha trascorso lunghi periodi in una masseria nelle campagne tra Gioia Tauro e Rosarno ospite del boss Girolamo Molè. E anche il boss Totò Riina, hanno svelato i pentiti, avrebbe trascorso parte della sua latitanza in Calabria. Di certo, nella Locride. Lì -hanno messo a verbale diversi collaboratori di giustizia – si recava, spesso vestito da prete, per incontrare pari grado di Africo e San Luca, e spesso era ospite del controverso sacerdote don Giovanni Stilo. Ma qualche anno dopo avrebbe tentato di trovare rifugio anche in un’altra zona della Calabria. Secondo il collaboratore di giustizia Dario Notargiacomo, che con i siciliani ha per lungo tempo gestito un solido e rodato baratto di armi in cambio di droga, «Giuseppe Graviano ci chiese la disponibilità di un alloggio in Sila da destinare alla latitanza di Totò Riina». Progetto poi sfumato, ma che testimonia i solidi rapporti fra i calabresi e i siciliani, che spesso hanno “ricambiato il favore” ai cugini di Oltrestretto.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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