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La testimonianza di una vittima di usura: «Chiesi soldi per aiutare mio figlio»

Donato Rizzo racconta la sua esperienza nel corso del processo a Cosenza a carico di Francesco e Roberto Citro

Pubblicato il: 03/07/2018 – 15:34
La testimonianza di una vittima di usura: «Chiesi soldi per aiutare mio figlio»

COSENZA «L’altra faccia della luna», così è stato definito dal procuratore capo Mario Spagnuolo il contesto in cui avviene l’attività usuraria di piccole somme nella città di Cosenza. Non è un fenomeno nuovo e lo dimostrano anche le udienze che quotidianamente si celebrano nelle aule giudiziarie. Uno dei casi è il procedimento nei confronti di Francesco e Roberto Citro, accusati di usura ed estorsione. E la testimonianza della persona offesa Donato Rizzo, che dei due sarebbe stato vittima, conferma come il fenomeno dell’usura nell’area urbana sia ben diffuso e radicato soprattutto nella fascia del ceto medio. «Mi sono ritrovato a chiedere aiuto perché mio figlio si stava spostando di città e quindi necessitavo di questo aiuto ed anche in tempi stretti», afferma Rizzo rispondendo alle domande del pm Giuseppe Cozzolino. La ricostruzione degli eventi è scandita in un arco temporale ben definito dalla consegna dei soldi alla denuncia che – come racconta la vittima in aula – arriva a causa dell’esasperazione della situazione. «Avevo chiesto a diverse finanziarie un prestito – dice Rizzo – in molte mi avevano dato risposta positiva ma i tempi erano troppo lunghi. Mi diedero 3mila e 500 euro con l’interesse di 500 euro mensili». Da settembre del 2016 al febbraio del 2017 i ritardi di Donato non preoccupano Roberto Citro, poi qualcosa cambia. «Mi iniziò a chiamare tutte le settimane per poi presentarmi Francesco Citro che in occasione del nostro primo incontro mi disse “allora come facciamo?”». Il prestito iniziale, in base a quanto sostenuto nel corso dell’esame, nel tempo è lievitato fino a 6mila e 500 euro. «Mi disse che se non avessi saldato il debito si sarebbe rifatto su Roberto Citro e che quei soldi servivano per i detenuti e per i legali». A questo punto della vicenda, riferisce il teste, la situazione inizia a preoccuparlo e quindi decide di denunciare tutto ai carabinieri di Rende. «All’inizio ero tranquillo, avevo ottenuto i soldi per mio figlio ed ero la persona più tranquilla del mondo. Poi questa serie di episodi mi spinsero ad andare dai carabinieri i quali mi dissero di prendere tempo per avere ulteriori elementi. Ritrovai la mia tranquilità solo quando consegnai la macchina di mia moglie che superava il valore del debito».

mi. pr.

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