CATANZARO «Occorre affrontare l’emergenza cinghiali in altro modo. Visto che le iniziative finora portate avanti dalla Regione non hanno sortito alcun effetto reale e i danni per la presenza massiccia di questi animali stanno mettendo a repentaglio anche colture d’eccellenza della nostra regione». Il direttore di Confagricoltura Calabria, Angelo Politi, lancia un allarme – l’ennesimo – sulla situazione che stanno vivendo molti imprenditori da anni alle prese con il problema degli animali selvatici che devastano le produzioni locali. Una situazione definita «drammatica». «Solo considerando una ristretta area di invasione degli ungulati – dice – come quella delle Serre Vibonesi i danni sono stati decisamente notevoli». Nell’arco di un quadriennio, stimano gli imprenditori di quest’area, le perdite legate al danneggiamento delle colture e delle attrezzature supera il mezzo milione di euro. «Spesso ad essere colpite – sottolinea Politi – sono coltivazioni di pregio con un danno per l’intera filiera d’eccellenza».
Il riferimento del direttore di Confagricoltura Calabria è ad esempio alla coltivazione di nocciole nelle Serre Vibonesi. Ma ad essere colpiti sono anche i vigneti di qualità come anche gli uliveti. Anche se i danni maggiori si hanno nel segmento produttivo dei seminativi. «Qui – segnala Politi – si sono registrati danni in alcune aree di circa il 30% della produzione». E le zone agricole principalmente fatte bersaglio dalla presenza massiccia di cinghiali sono quelle limitrofe alle aree protette. Dal Parco delle Serre all’Aspromonte passando all’area della Sila. «Anche se – precisa l’esponente di Confagricoltura – il numero di capi presenti sul territorio è tale da aver ormai interessato anche alcune pianure come la Piana di Lamezia Terme e quella di Gioia Tauro».
«Il problema dell’eccessiva presenza di capi in Calabria – racconta – è legato ad una errata campagna di ripopolamento avviata negli anni 90. Le conseguenze si sono prodotte già a metà degli anni 2000 quando le specie introdotte si sono moltiplicate a causa dell’incrocio con i maiali locali. Questo ha portato in pochi anni ad incrementare in modo esponenziale il numero di animali presenti sul territorio soprattutto nelle zone protette». Dunque prima una presenza massiccia di capi nei parchi e nelle aree protette con i danni nelle produzioni presenti in queste zone e poi lo sconfinamento delle specie anche nei territori limitrofi. Un vero e proprio allarme che ha portato a costituire nell’aprile dello scorso anno uno specifico comitato per affrontare l’emergenza: l’Associazione contenimento del cinghiale e tutela del territorio. Un gruppo che ha visto tra i principali promotori gli imprenditori del Consorzio di tutela delle Nocciole delle Serre Vibonesi. Tra le aree e le produzioni, appunto, più danneggiate. «Da febbraio – lamenta Politi – chiediamo al governatore Mario Oliverio un incontro per affrontare organicamente e definitivamente il problema. Ma allo stato, nonostante una richiesta formale e solleciti, tra cui l’ultimo, nei giorni scorsi, non abbiamo avuto ancora risposte».
I limiti individuati dall’associazione di categoria nell’affrontare l’emergenza risiedono soprattutto nella gestione delle campagne di abbattimento mirato dei cinghiali che, a detta di Confagricoltura, «non ha risolto il problema». Anzi. «Sono state affidate le campagne di selezione – spiega – esclusivamente ai cacciatori che spesso hanno inteso questa attività non come sistema per ridurre seriamente il numero di capi in un’area, ma le hanno trasformato in aree faunistiche personali dove poter cacciare mantenendone praticamente intatto il numero». Da qui le richieste specifiche che gli imprenditori agricoli sollevano. «Chiediamo con urgenza un incontro con la Regione – afferma Politi – in cui si mettano in piedi azioni tese a contenere sensibilmente il numero di capi in Calabria. Inoltre riteniamo che in alcune zone dove sono presenti colture di pregio che riescono ad offrire un valore aggiunto alla produzione calabrese possa essere attuata una campagna di eradicazione totale della specie».
Per fare questo secondo il direttore di Confagricoltura «occorre far partecipare alla campagna di selezione non solo i cacciatori». «Sarebbe necessario estendere il permesso – afferma – anche ai proprietari e ai conduttori di fondi, provvisti di regolare licenza di porto di fucile, dove vi è una presenza massiccia di animali». E la strada in questo senso sarebbe stata già tracciata in altre regioni come la Lombardia dove per affrontare la problematica questa possibilità è già consentita. «Abbiamo presentato in merito assieme alla Cia – ricorda Politi – una proposta in sede di avvio del nuovo Calendario venatorio di apertura della caccia anticipata per questa sola specie che devasta le nostre colture». Ed infine il direttore di Confagricoltura sollecita «il ristoro immediato dei danni cagionati da queste specie per gli imprenditori colpiti».
Roberto De Santo
r.desanto@corriercal.it
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