CATANZARO L’inchiesta è un filone dell’indagine antimafia Stige e ha portato in carcere Carmine Greco, “Carminuzzu”, 53 anni, comandante della stazione carabinieri forestali di Longobucco, arrestato nella notte tra venerdì e sabato dalla Dda di Catanzaro. L’accusa è tremenda: il militare – che in passato era stato consulente degli ex ministri Clini e Galletti – avrebbe favorito un gruppo imprenditoriale vicino alle cosche di Cirò Marina, manovrando l’inchiesta che ha portato all’arresto di una dirigente di Calabria Verde, Antonietta Caruso, che avrebbe ricevuto una mazzetta da 20mila euro da Antonio Spadafora, titolare di un’azienda attiva nel settore dei legnami. Ma andiamo con ordine.
RAPPORTI CON I CLAN Il maresciallo arrestato per associazione mafiosa il maresciallo è stato impegnato nell’inchiesta su Calabria Verde, su delega della procura di Castrovillari. Ed è sempre stato in primo piano nelle diverse vicende che hanno riguardato le indagini sulle infiltrazioni criminali nella Sila. Secondo l’accusa, però, da una parte avrebbe favorito gli imprenditori Spadafora, ritenuti espressione delle cosche cirotane e finiti, e dall’altra si sarebbe fatto aiutare proprio da loro per manipolare l’indagine su una dirigente di Calabria Verde e un agronomo poi arrestati dalla Procura di Castrovillari anche grazie ad alcune prove. Il guaio è che sarebbero state confezionate ad arte. Questo filone parallelo dell’indagine “Stige” rischia di estendersi a pezzi delle istituzioni in contatto con il maresciallo, menzionato in passato dal pentito Francesco Oliverio, ex capo del locale di Belvedere Spinello, nel Crotonese. Fu proprio Oliverio a raccontare la scalata criminale degli Spadafora. Il pentito parlò anche di “mazzette” e quote in denaro passate ad alcuni forestali per far funzionare il sistema dei tagli e fare in modo che a lavorare fossero soltanto le imprese amiche della cosca, effettuando tagli di legname anche senza autorizzazione. Uno degli ingranaggi del sistema sarebbe stato proprio Greco, ricompensato dagli “amici” al momento opportuno, con soffiate e denunce.
L’INDAGINE MANIPOLATA E’ in questo contesto che si inserirebbe l’arresto di Antonietta Caruso, finita ai domiciliari a fine aprile assieme all’agronomo Salvatore Procopio. La Procura di Castrovillari aveva delegato l’indagine al maresciallo Greco. E fu proprio lui, nell’ottobre 2017, a fermarla in un posto di blocco trovandola in possesso di 20mila euro appena versati da Antonio Spadafora per accelerare una pratica relativa a un lotto boschivo. Qui la trama si infittisce. Nelle carte dell’inchiesta sulla mazzetta, infatti, compare un sms che suona come un’accusa pesante nei confronti della Caruso. Lo manda Spadafora, evidenziando la propria delusione rispetto alla dazione di 20mila euro alla quale non era conseguito lo sblocco dei lotti boschivi, in base a quanto la funzionaria pubblica aveva promesso. E’ lo stesso Spadafora (che grazie al messaggino diventa “concusso”, ridimensionando la propria posizione), secondo quanto riporta il Fatto Quotidiano a rivelare la genesi dell’sms: “Quel messaggio ce l’ha mandato proprio l’ispettore Greco”, dirà mentre gli investigatori di Catanzaro lo ascoltano. Sono gli stessi investigatori che, dopo aver piazzato una microspia nell’auto di servizio del maresciallo, scoprono una fuga di notizie. Greco sca di essere indagato e, al telefono, ipotizza una linea difensiva. Sbaglierà i suoi conti: “spera” in un’accusa per abuso d’ufficio, ma la Dda indaga sui suoi rapporti con la ‘ndrangheta.
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