MILANO La Prefettura di Milano con un’interdittiva antimafia ha disposto, nei giorni scorsi, la chiusura di un bar di proprietà della moglie di Rocco Papalia, il cosiddetto “Padrino di Buccinasco”, cittadina dell’hinterland milanese, considerato uno dei più importanti capi della ‘ndrangheta al nord e scarcerato nel maggio 2017, dopo 26 anni di detenzione.
Nel bar, che si trova in via Lodovico il Moro, zona sud-ovest della città, vicino al Naviglio Pavese e la cui proprietà risulta in capo ad Adriana Feletti, moglie del presunto boss, lavorava anche la figlia Serafina Papalia, sposata con Salvatore Barbaro, altro presunto esponente del clan Barbaro-Papalia. Clan che è stato oggetto di numeroso inchieste della Dda milanese negli ultimi anni.
Rocco Papalia, tra l’altro, nei procedimenti davanti alla Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese aveva sostenuto di “vivere con quello che guadagna la moglie, proprietaria di un negozietto a Milano”, ossia quel bar “Pancaffé”, ora chiuso con procedimento amministrativo, per cui si può ricorrere al Tar.
Per Rocco Papalia, inoltre, la Procura milanese di recente ha chiesto che vada in una “casa di lavoro” con misura di sicurezza detentiva perché non basta per lui il regime di libertà vigilata. «La “casa di lavoro” è un carcere, io dico che la Procura mi vuole morto, anzi la Procura di Milano mi vuole morto», ha detto il presunto boss nell’udienza davanti al giudice della Sorveglianza e il pm Adriana Blasco ha chiesto la trasmissione di quella parte del verbale al procuratore capo Francesco Greco per eventuali valutazioni.
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