REGGIO CALABRIA Il futuro (processuale) dell’ex senatore Marcello Dell’Utri sta nelle sue mani. O meglio, nella sua futura testimonianza al processo che vede imputato anche il suo ex compagno di partito, Claudio Scajola, neo sindaco di Imperia, accusato di aver aiutato un altro ex parlamentare azzurro, Amedeo Matacena, a sottrarsi ad una condanna definitiva per mafia e ad occultare il suo immenso patrimonio.
TESTIMONIANZA SOLO RIMANDATA La sua audizione era attesa per oggi, ma alla luce della perizia medica fatta pervenire dai legali di Dell’Utri, il tribunale ha deciso di revocare la traduzione dell’ex politico al carcere di Rebibbia, da dove avrebbe dovuto testimoniare in videoconferenza.
Scarcerato qualche giorno fa e mandato ai domiciliari per motivi di salute, Dell’Utri, già condannato in via definitiva a 7 anni di carcere per concorso esterno, è tuttavia un teste chiave, per questo – sottolinea in aula il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, la sua audizione è irrinunciabile.
Dunque il 18 luglio Dell’Utri dovrà presentarsi a testimoniare, a Rebibbia in videoconferenza o in aula a Reggio Calabria.
LATITANZE PARALLELE La sua audizione spiega il magistrato è fondamentale «soprattutto alla luce dell’attività integrativa di indagine compendiata nell’informativa “Stato parallelo” (qui la notizia) già depositata agli atti». Da quegli approfondimenti – sottolinea Lombardo – sono emersi una serie di elementi «collegati alla vicenda Dell’Utri e alla vicenda Matacena attraverso la figura di Vincenzo Speziali». Traduzione, quel filo che fin dalle prime battute dell’indagine è sembrato legare le latitanze dei due ex di Forza Italia, adesso è diventato molto più solido e concreto, anche grazie ad una serie di contributi dichiarativi.
«AL MOMENTO NON È INDAGATO, MA..» È per questo – afferma Lombardo su precisa domanda dell’avvocato Corrado Politi – che «oggi 9 luglio Dell’Utri non è indagato per reati connessi e per il pubblico ministero è teste puro, ma nulla esclude che il 18 luglio possa essere ancora così. E non si può escludere che non sia indagato in assoluto». Per reati connessi ai temi del processo, no. Tutto dipenderà da quello che l’ex senatore avrà da dire sul quadro emerso dagli approfondimenti investigativi della Dia sui quei salotti romani gestiti e frequentati dai fratelli Lino, Massimo e Giuseppe Pizza, che avrebbero fatto da culla ai progetti di fuga tanto di Dell’Utri, come di Matacena.
SALOTTI PERICOLOSI «Giuseppe Pizza – dice Lombardo – avrebbe creato occasioni di incontro, durante le quali si sarebbe discusso di vicende simili: il trasferimento di Dell’Utri in Libano e il tentato trasferimento di Matacena in Libano». Un’ipotesi emersa in modo chiaro dall’incrocio delle testimonianze di chi era in quei salotti ed è o è stato in rapporti con i fratelli Pizza, come dal pentito Cosimo Virgiglio, che è stato in rapporti con quell’ambiente che sembra essersi occupato di tutta l’attività connessa alla gestione di latitanti eccellenti.
LE FREQUENTAZIONI MASSONICHE DI SCAJOLA «Virgiglio non solo ha parlato dei fratelli Pizza, ma anche dell’imputato Scajola – dice il procuratore aggiunto – quindi il tema ulteriore emerso dall’attività integrativa di indagine è quello dei rapporti fra il collaboratore e i fratelli Pizza, determinati ambienti massonici che Virgiglio ha frequentato per molti anni e soprattutto i potenziali legami di soggetti imputati in questo processo, come Claudio Scajola con quegli stessi ambienti».
Secondo quanto messo a verbale dal pentito, lui stesso avrebbe visto con i propri occhi Scajola mentre partecipava ad una cerimonia di iniziazione all’interno della segretissima logga del conte Ugolini.
I RISCONTRI CI SONO «È noto – dice Lombardo – che le dichiarazioni di un collaboratore rimangano lettera morta fin quando non si trovano riscontri». Ma i riscontri sono stati trovati. «E il quadro che ne emerge è assolutamente meritevole di approfondimento soprattutto per chiarire un quesito di fondo che è quello connesso alle ragioni per le quali Dell’Utri è destinato al Libano e la destinazione viene da lui effettivamente raggiunta e in Libano progetta di andare Matacena».
LE TESTIMONIANZE RICHIESTE Per questo – dice Lombardo –«È poi necessario – aggiunge – sentire Massimo Pizza, fratello di Giuseppe e Lino, è necessario sentire l’ambasciatore Giorgio Starace e nuovamente il colonnello Paolo Costantino alla luce di quanto di nuovo emerso dall’attività integrativa, è necessario sentire Cosimo Virgiglio, che ha riferito della comune appartenenza ad un contesto massonico di Scajola e a riscontro di quanto da lui riferito Carmine Cedro, Giuseppe Riotto, è necessario sentire Francesco Pazienza a riscontro delle ulteriori attività investigative e di quanto riferito da Massimo Pizza sui contatti con la ‘ndrangheta di altissimo livello dei soggetti di cui stiamo parlando, e Carolina Vincenzi e Amedeo Brunello a riscontro di Francesco Pazienza».
In più, dovrà tornare il sostituto commissario Giuseppe Gandolfo, relatore dell’informativa “Stato parallelo” in cui tutti i nuovi testimoni citati dal procuratore aggiunto appaiono.
SPEZIALI PERNO DEL SISTEMA Ma in aula – sottolinea Lombardo – proprio alla luce dell’inquietante e complesso quadro svelato dalle indagini della Dia, non possono non presentarsi Dell’Utri e Speziali. La loro testimonianza è per la pubblica accusa fondamentale, anche perché del sistema che sempre con maggiore chiarezza si va tratteggiando – afferma Lombardo – «Speziali è il perno insieme ad Amin Gemayel». E la decisione dell’omonimo nipote del defunto senatore del Pdl di patteggiare un anno di pena per l’accusa di aver agevolato la latitanza di Matacena, sembra confermarlo.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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