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Strongoli, ricorso contro lo scioglimento per mafia

L’ex sindaco Laurenzano si rivolge al Tar del Lazio e critica il comportamento del ministero dell’Interno: «In Calabria dal 2012 sono stati sciolti 51 consigli comunali su un totale nazionale di 11…

Pubblicato il: 11/07/2018 – 11:54
Strongoli, ricorso contro lo scioglimento per mafia

STRONGOLI Michele Laurenzano, ex sindaco del Comune di Strongoli, il cui consiglio comunale sciolto dal consiglio dei ministri per infiltrazioni mafiose, ha notificato il 10 luglio un ricorso giurisdizionale, attraverso i suoi difensori, gli avvocati Oreste Morcavallo e Giuseppe Pitaro, dinanzi il Tar del Lazio, contro il decreto del Presidente della Repubblica che ha disposto lo scioglimento dell’amministrazione comunale perché ritenuta «permeabile ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata».
Nel ricorso si sostiene, sin dall’inizio, che lo strumento dello scioglimento del Comune per mafia, che è misura di carattere straordinario ed emergenziale, è utilizzato dal ministero dell’Interno, negli ultimi anni, in modo ordinario e, infatti, dal 2012 ad oggi in Calabria sono stati sciolti per mafia ben 51 Comuni, 19 dei quali nell’ultimo biennio 2017/2018, su un totale nazionale di 112.
Nel ricorso, ancora, si sostiene che il Comune non ha mai emanato nessun atto né provvedimento amministrativo idoneo a influenzare la sana e buona e imparziale gestione dell’Ente e ad avvantaggiare nessun sodalizio criminale e che, pertanto, non è mai stato posto in essere nessun tentativo di infiltrazione mafiosa.
Laurenzano, che è stato destinatario di una misura cautelare nell’operazione Stige, per i suoi legali, «ha sempre, nonostante gli avvicinamenti e gli attentati subiti da membri della sua giunta, condotto la gestione dell’ente in modo cristallino e trasparente emanando una serie di provvedimenti amministrativi per evitare qualsiasi interferenza tra l’ente e soggetti “in odor di mafia”».
In buona sostanza, il Comune di Strongoli, secondo il ricorso, «è stato sciolto sulla base di una relazione della Commissione d’accesso che non ha riscontrato “nessun atto/provvedimento illegittimo e/o illegale adottato in concreto dall’amministrazione comunale, né dalla giunta né dal sindaco né dagli uffici, nessun vincolo di parentela/amicizia/frequentazione tra gli Amministratori e i soggetti “in odor di mafia”, nessuna procedura di evidenza pubblica e/o affidamento diretto sotto-soglia illegittimo, nessun precedente di polizia giudiziaria e/o condanna in capo agli amministratori e che è priva di elementi concreti, univoci e rilevanti tali da fondare il ricorso all’istituto dello scioglimento del Comune ex articolo 143 Tuel».

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