LA PAX DOPO L’OMICIDIO Le ordinanze hanno raggiunto Giovanni Abbruzzese (cl. 59), Carlo Lamanna (cl. 67), Mario Attanasio (cl. 72) e Umile Miceli (cl. 66), tutti – secondo gli investigatori – stabilmente inseriti nella criminalità mafiosa cosentina. I 4 destinatari del provvedimento, sono ritenuti, a vario titolo, responsabili dell’omicidio di Marincolo Francesco, killer del gruppo Ruà-Lanzino, e del contestuale tentato omicidio di Adriano Moretti, ultimo atto della sanguinosa guerra di mafia combattuta a Cosenza tra il 1999 ed il 2000, fra i contrapposti clan Lanzino-Cicero e il gruppo dei Bruni “Bella bella”. Con l’omicidio di Marincolo, i gruppi criminali cosentini raggiunsero una pax mafiosa che prevedeva un patto di non belligeranza e la spartizione equa, tra i gruppi, dei proventi delle varie attività illecite.
LA DINAMICA Le ricostruzioni investigative, corroborate dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che nel tempo ne hanno riferito, avrebbero consentito di accertare che ad esplodere i colpi mortali nei confronti di Marincolo, al momento dell’agguato a bordo della propria auto, fu lo stesso Michele Bruni, dopo aver affiancato l’auto della vittima, a bordo di una moto, guidata da Carlo Lamanna e risultata poi rubata alcuni giorni prima sul lungomare di Paola. Sull’auto della vittima, al momento dell’omicidio, si trovava, per caso, anche Moretti, che venne ferito da alcuni colpi di arma da fuoco, ma che dalle indagini risultò non essere obiettivo dei killer, anche se cognato del boss Gianfranco Ruà.
IL MOVENTE Le indagini condotte dalla Sezione Dia di Catanzaro, sotto la direzione della Procura, hanno consentito di individuare i mandanti, gli esecutori e i fiancheggiatori dell’omicidio. Il movente, oltre che nella volontà di affermare la supremazia criminale della cosca di appartenenza, sarebbe da ricercare nella vendetta attuata da Michele Bruni contro i clan avversi (Marincolo in quel preciso momento storico era l’unico elemento di spicco non detenuto) responsabili, tra gli altri, dell’omicidio del padre Francesco, avvenuto nel luglio 1999, e dell’omicidio di Antonio Sena, avvenuto nel maggio del 2000.
I PENTITI La ricostruzione del quadro si deve a due diverse fasi investigative, entrambe connesse alle dichiarazioni dei pentiti. I primi collaboratori di giustizia avrebbero consentito agli investigatori di individuare gli esecutori dell’omicidio; successivamente, per mezzo di ulteriori attività d’indagine supportate dalle dichiarazioni di altri e più recenti collaboratori di giustizia, il quadro è stato completato con ulteriori e significativi elementi di responsabilità.
IL RUOLO DEGLI ARRESTATI Sui ruoli di ciascun destinatario della misura cautelare eseguita questa mattina dalla Dia, le risultanze delle indagini e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, concordemente individuano il defunto Michele Bruni, insieme a Carlo Lamanna, quali esecutori materiali dell’omicidio, Giovanni Abbruzzese come partecipe alla fase in cui fu deciso l’omicidio, in ragione dell’alleanza, al tempo, fra il clan Bruni “Bella bella” e quello degli “Zingari”, Umile Miceli con il compito di studiare le abitudini della vittima e con funzioni di palo o “specchietto” e Mario Attanasio con funzioni di appoggio logistico sia nelle fasi precedenti che in quelle successive all’agguato.
LE GUERRE A COSENZA L’odierna operazione della Dia si colloca in una più ampia strategia investigativa di questa Direzione distrettuale antimafia, avviata da tempo, per far luce su una serie di omicidi verificatisi su Cosenza, che ha consentito, con le varie operazioni convenzionalmente denominate Terminator (1-2-3-4), di ricostruire numerosi fatti di sangue, riconducibili all’allora gruppo confederato Cicero-Lanzino, a distanza di anni dai fatti, con la valorizzazione delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, preliminarmente e minuziosamente riscontrate con le risultanze di attività investigative condotte.