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Sanità calabrese, i “sintomi” di un settore in grande difficoltà

La Corte dei conti analizza gli indicatori del 2016. Ancora ritardi (elevati) nei pagamenti ai fornitori. Peggiora il dato sui Lea. Mentre la mobilità passiva è al 21,3%

Pubblicato il: 13/07/2018 – 21:09
Sanità calabrese, i “sintomi” di un settore in grande difficoltà

CATANZARO C’è poco da dire: la sanità calabrese resta tristemente ”maglia nera” in Italia. E non perché lo dicono esponenti politici o operatori del settore o rappresentanti sindacali, che possono essere mossi da interessi di parte, ma perché lo certificano anche organismi “terzi” e autorevoli come la Corte dei conti. E infatti, nell’annuale rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, la magistratura contabile mette a confronto le performance delle regioni anche in tema di gestione della sanità confermando, per la Calabria, “indicatori” generalmente negativi, anche rispetto alle altre regioni in Piano di rientro.
IL RISULTATO DEL MONITORAGGIO La Corte dei conti, in particolare, elabora e analizza le risultanze provenienti dal tavolo di monitoraggio delle sanità regionali (il famoso “Tavolo Adduce”) e dal Comitato di valutazione dei Lea. Ecco cosa ne esce fuori con riferimento agli indicatori relativi all’annualità 2016. «Per quanto riguarda le Regioni in Piano, sugli esiti della gestione dei servizi sanitari incide – scrive la Corte dei conti – il mancato completamento delle procedure di accreditamento dei soggetti che erogano prestazioni per il servizio sanitario, così come i ritardi nella definizione dei budget e il perfezionamento del processo di sottoscrizione dei contratti con gli erogatori privati. Difficoltà connesse, in alcuni casi (in particolare in Molise, Campania, Calabria e Lazio), a criticità riconducibili alla gestione del contenzioso insorto con i soggetti fornitori di beni e servizi». Restano forti ritardi nei tempi di pagamento ai fornitori: qui – secondo il report dei giudici contabili – «il Molise (con 227 e 511 giorni rispetto ai 526 e 706 del 2016) e la Calabria (358 e 390 rispetto ai 369 e 532 giorni nel 2016), pur in miglioramento, continuano a segnare ritardi particolarmente elevati
LA QUALITÀ DELLE PRESTAZIONI Rileva ancora la Corte dei conti: «Secondo i dati (ancora provvisori) del monitoraggio, il punteggio complessivo della “Griglia Lea” continua ad aumentare tra il 2015 e il 2016 in Lazio e Abruzzo, nonché in Molise, Puglia e Sicilia che risultano oltre la soglia prevista per essere “adempienti”. Nonostante il miglioramento, la Campania resta al di sotto di tale soglia richiesta, mentre peggiora il dato relativo alla Calabria». Aumenta inoltre la mobilità passiva extra-regionale (misurata dall’incidenza dei ricoveri fuori regione dei residenti sul totale dei ricoveri per acuti in regime ordinario), raggiungendo in media l’8 per cento nel 2015 e l’8,2 nel 2016, sostiene la magistratura contabile, che riscontra «valori particolarmente elevati in Calabria, che evidenzia una mobilità passiva del 21,3% nel 2016, in presenza di una complessità media della casistica dei casi trattati fuori regione in linea con la media nazionale, a fronte di una mobilità attiva del 2,5%». Male l’indicatore che misura l’efficacia della rete dell’emergenza territoriale, riferito all’intervallo intercorrente tra la ricezione delle chiamate da parte della Centrale operativa e l’arrivo del primo mezzo di soccorso: «Rispetto a un tempo massimo che deve essere inferiore o pari a 18 minuti, nel 2015 si raggiungevano 21 minuti in Abruzzo e 22 minuti in Molise e Calabria» e «la situazione si conferma nel 2016 con un lieve miglioramento (1 minuto in meno) in Molise e Calabria».
GLI ALTRI INDICATORI Secondo il rapporto della Corte dei conti «al di sopra del valore medio nazionale, pari a 1,70 giorni, risulta nelle Regioni in Piano la durata della degenza media pre-operatoria, che costituisce un indicatore di appropriatezza dell’utilizzo delle sale operatorie e dei servizi di supporto all’attività chirurgica: di nuovo in peggioramento nel 2016 il Molise (con 2,37), la Campania (2,21) e la Calabria (con 1,99), e inoltre «un utilizzo improprio dei reparti chirurgici nel biennio 2015-2016 è segnalato in tutte le Regioni in Piano» come la Calabria.
L’ASSISTENZA TERRITORIALE Certo, ci sono anche indicatori che vedono la Calabria migliorare (esempio, le vaccinazioni per alcune patologie), ma in generale il segno volge al meno, anche con riferimento all’assistenza territoriale rivolta alla parte “più debole” della popolazione, cioè anziani e disabili. «L’indicatore che misura la percentuale della popolazione ultra sessantacinquenne residente presa in carico da parte dei servizi di assistenza domiciliare integrata delle Asl – rimarca la magistratura contabile – nel 2015 risultava infatti insufficiente in Campania (1,35 rispetto al valore soglia di 1,88 per mille abitanti), nel Lazio (1,57) e in Calabria (1,58). Nel 2016 Lazio e Campania hanno evidenziato un miglioramento situandosi poco al di sotto del valore richiesto, mentre è risultato in ulteriore contrazione il dato relativo alla Calabria (1,34)». Sempre nell’ambito dell’assistenza territoriale, il monitoraggio della Corte dei Conti «evidenzia una carenza generalizzata nelle Regioni in Piano e non, di dotazione di posti equivalenti nelle strutture residenziali e semiresidenziali per disabili. La dotazione di posti letto in strutture hospice è risultata insufficiente in Calabria (0,45) e Campania (0,7)».
L’INDICATORE DEL FEMORE ROTTO Ultima amara annotazione della Corte dei conti: «Nonostante i significativi miglioramenti registrati negli ultimi anni, con riferimento alle operazioni dei pazienti con rottura del collo del femore, delle regioni in Piano solo due (Sicilia e Lazio) superano nel 2016 la soglia del 60% dei casi di intervento entro il secondo giorno del ricovero, mentre nelle restanti tale percentuale scende significativamente, ponendosi al 25% della Campania e al 29,3% della Calabria».
E in alcune regioni, tra cui ancora una volta la Calabria, «non è ancora risolta la questione dei punti nascita con meno di 500 parti l’anno che, oltre a comportare costi più elevati, non garantiscono adeguati standard di sicurezza».

Antonio Cantisani
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