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L’«avvocato degli italiani»: difenda prima se stesso

di Antonino Mazza Laboccetta*

Pubblicato il: 14/07/2018 – 13:08
L’«avvocato degli italiani»: difenda prima se stesso

«Avvocato difensore degli italiani»: così si è definito il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Immagine che piace a qualcuno e ad altri meno. Al di là dei consensi o dei mugugni che la sortita suscita, il problema resta, comunque, quello di stabilire rispetto a quali insidie il prof. Giuseppe Conte debba assumere la difesa degli italiani. L’elenco potrebbe essere lungo. Ma non è di questo che vorrei qui occuparmi. Perché, a mio avviso, v’è un’insidia che, per così dire, sta a monte. È un’insidia “interna” alla dinamica stessa del governo. E rischia addirittura di tagliare le gambe della poltrona su cui l’avvocato Giuseppe Conte dovrebbe arringare. Sicché, prima di assumere la difesa degli italiani – e al fine di poterla esercitare al meglio -, l’avvocato Giuseppe Conte farebbe bene a difendere se stesso. E, in particolare, le prerogative che la Costituzione assegna al presidente del Consiglio (art. 95): quella di “dirigere” la politica generale del Governo, della quale «è responsabile», e quella di mantenere «l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri».
In questo primo mese di governo il presidente del Consiglio – eccettuata qualche occasione coreografica e di doverosa rappresentanza istituzionale – lo si è visto ben poco al timone del governo, a dirigerne cioè la politica generale e l’azione di coordinamento dell’attività dei ministri. A orientarne la prua abbiamo visto Salvini e, poi, a rincorrerlo con affanno, Di Maio. L’uno a spingere verso destra con le sue politiche di chiusura nazionalistiche e l’altro verso sinistra con l’affazzonato «decreto dignità». Il duetto tra Salvini e Di Maio – i «contraenti» duumviri del governo Conte – ha fatto registrare anche la voce del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Toninelli, e quella del ministro della Difesa, Trenta, alzatesi a difesa dei confini delle rispettive competenze davanti alla strabordante politica di Salvini. Che avrebbe voluto pure arrogarsi la prerogativa di decidere, in luogo della magistratura, se i migranti della Diciotti dovessero o meno scendere «in manette».
Si procede, insomma, in ordine sparso. Ciascuna delle forze «contraenti» preserva il proprio terreno di gioco. E usa il governo come tribuna elettorale. Fin quando sarà possibile. Fin quando cioè i conti pubblici lo permetteranno.
A mancare è la “visione” dell’azione di governo. In due parole, l’«unità di indirizzo politico» e il coordinamento dell’attività dei ministri. Che competono al presidente del Consiglio dei ministri.
È un governo, il nostro, tirato a destra dalla Lega e a sinistra dal Movimento 5Stelle in una sorta di oscillazione schizofrenica. Probabile punto di equilibrio? Un gioco delle parti, sottilmente intessuto e finalizzato a consentire, per il momento, a ciascuno dei «contraenti» di coltivare il proprio terreno di gioco fino a quando dovrà disputarsi la vera partita.
È un fatto grave, dal punto di vista istituzionale, che il Presidente della Repubblica abbia dovuto scendere nell’agone politico, chiamando il presidente del Consiglio al fine di sbloccare lo stallo che, per oltre otto ore, ha tenuto “in ostaggio” i 67 migranti della Diciotti davanti al porto di Trapani. È un fatto grave perché è la più chiara conferma della mancanza di direzione dell’attività di governo e di unità di indirizzo politico, che competono al presidente del Consiglio. Un vizio d’origine, come abbiamo evidenziato in altra occasione, riconducibile all’inversione del meccanismo politico-costituzionale che ha portato alla formazione del governo. E che di Conte ha fatto l’«esecutore» del contratto.
L’auspicio è che il presidente del Consiglio, da abile civilista, sappia affrancarsi dalle maglie del «contratto» per ritrovare lo spazio di autonomia, di decisione e di indirizzo che gli compete. Ed evitare al Presidente della Repubblica (impropri, ma talora necessari) ruoli di supplenza.

*docente dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria

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