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Il Ferragosto di Salvini e la lezione (sbagliata) di Gava

di Paolo Pollichieni

Pubblicato il: 16/07/2018 – 7:59
Il Ferragosto di Salvini e la lezione (sbagliata) di Gava

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ha deciso che il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, che di prassi viene convocato nel giorno di Ferragosto, quest’anno non avrà come sede le ovattate stanze del Viminale. I comandanti generali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, quelli dei servizi di sicurezza e il capo della Polizia di Stato dovranno scendere a San Luca, nel cuore dell’Aspromonte. Questa la scelta annunciata da Salvini, una scelta alla quale non sarebbe estraneo il procuratore distrettuale di Catanzaro, Nicola Gratteri che, in prefettura a Reggio Calabria, proprio incontrando Salvini si è lasciato scappare una battuta sulle «lenti deformanti» che a Roma ancora si usano per leggere la ‘ndrangheta.
Un gesto simbolico, dunque, quello voluto da Salvini. Simbolico ma non inedito. Esiste un precedente analogo e, stia ben attento Salvini, non è un precedente che fa star sereni. Siamo al Ferragosto del 1989 e nella “Palazzina del ministro”, come chiamano il complesso interno al Viminale destinato alla struttura del ministro dell’Interno e al suo gabinetto, era allocato un democristiano tutt’altro che nuovo alle dinamiche del potere e ai veleni di palazzo: Antonio Gava.
Lo inseguivano dichiarazioni di pentiti camorristi che porteranno, nel 1994, al suo clamoroso arresto. In Calabria il ciclone “Mamma Coraggio” aveva messo alla berlina apparati e ministeri. Angela Casella voleva la liberazione del figlio rapito e tenuto in Aspromonte, nonostante il pagamento di una prima rata del riscatto di oltre un miliardo delle vecchie lire. La seguivano un centinaio di giornalisti inviati dalle maggiori testate nazionali e straniere. Le dirette televisive inquadravano la piazza di Locri (che qualcuno aveva con previdenza intitolato dei Martiri). Al centro della piazza Mamma Casella stava in una tenda con sopra un cartello: «Mio figlio Cesare non ha una tenda come questa. Ministro Gava venga a dormire in tenda con me». Al suo fianco una popolazione intera, ancora reattiva, con un lungo striscione: «Con questo ministro la Mafia se la Gava sempre».
Gli apparati consigliano un gesto simbolico e Gava, disperato, concede mano libera.
Nasce l’“Operazione Aspromonte”.
A coordinarla viene spedito il questore Emilio Pazzi. I giornali, settimane dopo, ironizzeranno: “Cose da pazzi in Aspromonte”.
Gava e gli apparati decidono per una data simbolica: il giorno di Ferragosto. Viene coniata anche una medaglia commemorativa. Il “blitz” non punta sulla segretezza ma sui muscoli e ben per questo il ministro Gava ritiene di poter anticipare ogni dettaglio dell’“Operazione Aspromonte” e lo fa non solo con un comunicato stampa col quale convoca i giornalisti di mezzo mondo (nessuno tra gli apparati gli ha ricordato che a Ferragosto si ferma la macchina editoriale e i giornali non escono), ma anche riferendo, il 13 luglio di quel 1989, in Commissione antimafia, allora presieduta dall’indimenticabile Gerardo Chiaromonte.
A Gava era stato spiegato che il problema non erano tanto i latitanti e i covi dell’anonima sequestri quanto la massiccia penetrazione delle cosche nella politica e nelle istituzioni calabresi. L’allora presidente della Regione Calabria, Rosario Olivo, che per quelle dichiarazioni rischiò la pelle in un mai chiarito inseguimento autostradale, denunciava un piano di delegittimazione contro i pochi magistrati e qualche funzionario di polizia che indagavano sul grumo vero del potere mafioso: il controllo della forestazione. Il presidente della Repubblica lo stette ad ascoltare e aprì il “Caso Calabria”.
Gava liquida così la sortita di Olivo: «Il presidente della Giunta Regionale della Calabria, on. Olivo, ha recentemente denunciato alla magistratura alcune anomalie che si riscontrerebbero soprattutto nel settore della forestazione in Calabria. Tali anomalie, sono al vaglio della competente magistratura. In via generale, posso aggiungere che anche il settore in questione rientra nel campo di attività dell’Alto Commissario Sica, che del resto ha già avviato tempestivi contatti con le autorità locali».
Insomma meglio atti simbolici ed esibizioni muscolari. Così gli apparati confezionano il Ferragosto aspromontano per il ministro Gava: «Ho ritenuto – dichiara il ministro all’Antimafia – di porre in essere un progetto organico fondato sulla presenza delle forze di polizia in punti nodali del territorio e sull’impiego di personale qualificato delle forze dell’ordine. Oltre alle forze territoriali, la polizia di Stato si avvale di un nucleo antisequestro composto di 250 unità diretto dal questore dottor Emilio Pazzi, integrato da un nucleo investigativo di 30 addetti, mentre sono in corso di istituzione i commissariati di Bovalino e Serra San Bruno in aggiunta a quelli di Cittanova, Condofuri, Gioia Tauro, Palmi, Siderno e Villa San Giovanni. Un contingente è stato insediato a Canolo Nuovo, altri saranno collocati invece a Oppido Mamertina e Gambarie. Sono state integrate le specialità della polizia stradale e ferroviaria, nonché squadre di cinofili. Sono già attive inoltre due squadre dei Nocs».
E ancora: «L’Arma dei carabinieri, oltre alle forze territoriali, è presente in Aspromonte con un contingente di 180 carabinieri della Seconda Brigata, 60 carabinieri di un reparto a cavallo, 235 paracadutisti e un distaccamento del Gruppo investigativo speciale. La guardia di finanza, oltre alle forze territoriali, è presente con un contingente di 120 finanzieri, nonché con un reparto di baschi verdi per complessive 35 unità. L’operazione – concludeva Gava – è finalizzata a prevenire e contrastare qualsiasi traffico illecito e a stroncare la pretesa criminale di vanificare l’azione dello Stato sul territorio».
E siccome quando la si spara grossa, perché l’obiettivo è quello di stupire più che di fare, l’infortunio è dietro l’angolo, ecco che agli “apparati” scivola la mano fino ad esporre il povero ministro dell’Interno a una colossale figuraccia che fece il giro del mondo. Nella dichiarazione letta in Commissione antimafia, così come nel comunicato girato alla stampa italiana e estera, infatti, compare anche un singolare passaggio: «All’Operazione Aspromonte partecipano numerose unità navali della guardia di finanza nonché 20 elicotteri e aerei leggeri delle tre forze di polizia». Passi per l’aviazione e per i venti elicotteri ma i «numerosi mezzi navali»… quelli proprio no. Come si fa a portare una motovedetta a Gambarie o a Oppido o a Canolo?
La pezza che gli “apparati” tenteranno di mettere sarà peggio del buco. Il ministero dell’Interno, pressato, deve fornire i risultati dell’“Operazione Aspromonte”. Alla fine lo fa: «Due arresti in flagranza di reato per truffa ai danni dello Stato (due cacciatori di frodo sorpresi a un posto di blocco con dei ghiri, ndr). Cinque covi in uso a latitanti rinvenuti e smantellati». Tutto qui. In trecento posti di blocco neanche un’infrazione al codice della strada. Non poteva essere diversamente per un’operazione preannunciata da mesi e con minuziose indicazioni anche dei posti di blocco. Secondo gli “apparati”, però, non vi è nessuno scandalo: «L’operazione non ha mai avuto – scrivono in un nuovo comunicato – il carattere di un blitz, in quanto non contraddistinta dalla estemporaneità e dalla breve durata. Al contrario, è basata su linee programmatiche, che impegnano sia settori dell’investigazione, in pieno raccordo con la magistratura e con l’Alto commissario, sia settori del controllo dell’intera area territoriale mediante l’impiego diuturno e sistematico da parte della polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, della guardia di finanza e del Corpo forestale dello Stato».
Un impegno «sistematico e diuturno» caro ministro Salvini, che continua ancora oggi, visto che 29 anni dopo andare in Aspromonte per il ministro è ancora un atto simbolico. Ci torni, allora, ma attento a come la Calabria le viene narrata a Roma. Attento a quelle «lenti deformanti» di cui le diceva Gratteri. Insomma, attento agli apparati. Soprattutto a quelli buoni per tutte le stagioni che lei ancora si porta appresso, con buona pace del “Governo del cambiamento”.

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