ROMA Un gruppo «strutturato» e fortemente unito anche per il vincolo di sangue tra gli affiliati, capace di stabilire solidi legami con le famiglie più influenti della ‘ndrangheta calabrese. È stato descritto così dagli inquirenti il “clan Casamonica”, sgominato con 31 arresti, durante una conferenza stampa a Roma. Il gruppo aveva una “roccaforte” nella zona di Porta Furba, a in zona Appia a Roma, e ramificazioni nelle periferie difficili del Tuscolano come Romanina e Tor Vergata e poi nel litorale di Ostia. Un’organizzazione di «difficile penetrazione» per gli inquirenti anche per la lingua che utilizza, un dialetto sinti che non molti sono in grado di interpretare.
I contatti dei Casamonica con la ‘ndrangheta sarebbero in particolare con il clan Strangio. Secondo quanto hanno spiegato gli investigatori, nel corso della conferenza stampa al comando provinciale dei carabinieri di Roma, gli Strangio vendevano partite di cocaina ai Casamonica, che rifornivano così le piazze di spaccio a loro collegate, soprattutto nella zona di Roma Sud Est.
Nell’ambito dell’operazione i Carabinieri del Comando provinciale di Roma hanno eseguito tra la capitale e le province di Reggio Calabria e Cosenza 37 misure cautelari in carcere, emesse dal gip del Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, a carico di persone alle quali viene contestato anche l’articolo 416 bis del codice penale, «per avere costituito e preso parte all’associazione mafiosa denominata clan Casamonica». Il ruolo apicale di promotore è stato attribuito a Giuseppe Casamonica, recentemente uscito dal carcere dopo circa 10 anni di detenzione.
I destinatari delle misure cautelari sono ritenuti responsabili, in concorso fra loro e con ruoli diversi, di «aver costituito un’organizzazione dedita al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, usura, concessione illecita di finanziamenti ed altro, tutti commessi con l’aggravante del metodo mafioso». All’operazione, denominata “Gramigna”, hanno partecipato circa 250 militari del Comando provinciale di Roma con l’ausilio di unità cinofile, un elicottero dell’Arma e personale dell’8 Reggimento “Lazio”. Al momento i provvedimenti eseguiti sono 31 con altri 6 attivamente ricercati.
LE INDAGINI Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Frascati sotto la direzione della Direzione distrettuale antimafia di Roma, sono state avviate nell’estate del 2015, ancor prima degli sfarzosi funerali di “Zio Vittorio”, ed hanno permesso di documentare l’esistenza di un’associazione mafiosa autoctona strutturata su più gruppi criminali, prevalentemente a connotazione familiare, dotati di una propria autonomia decisionale, operativa ed economica e dediti a vari reati tra i quali lo spaccio di stupefacenti, l’usura, le estorsioni e altro. Nel corso delle attività, che si sono basate anche su una ricostruzione storica dei procedimenti penali che negli anni hanno riguardato a vario titolo alcuni componenti del nucleo familiare, documentandone anche i legami nel tempo con altre organizzazioni criminali di stampo mafioso insediatesi nel territorio capitolino, è emerso come il “clan Casamonica” si avvalga tuttora di una forza numerica che, unita alla totale chiusura verso l’esterno, alla disponibilità di armi ed all’utilizzo di una lingua difficilmente decifrabile, conferisce forza al gruppo, permettendo ad ogni singolo appartenente di avere atteggiamenti di prevaricazione e minacciosi nei confronti dell’esterno, avvalendosi anche della forza intimidatrice oramai insita nel nome “Casamonica”.
Le indagini, che per la prima volta nello specifico ambito si sono avvalse anche delle dichiarazioni rese da un testimone e da un collaboratore di giustizia intranei al sodalizio, hanno documentato una fiorente attività di spaccio nella zona sud-est della Capitale, con canali di approvvigionamento anche dalla Calabria, nonché numerosi episodi di estorsione ed usura in danno di commercianti ed imprenditori, del posto e non, che a loro si sono rivolti nel tempo per prestiti di somme di denaro, anche consistenti, stabilendo di fatto con i creditori un legame a vita. Si è accertato, infatti, che le persone offese, una volta ricevuto un prestito dai Casamonica, non riuscivano praticamente più a sottrarsi alle richieste di denaro da parte degli indagati, che continuavano anche a distanza di anni e che, ad un certo punto, assumevano innegabile matrice estorsiva. Le manette sono scattate anche per un calabrese di San Luca, il 24enne Domenico Strangio, legato al clan operante nella locride che rappresentava uno dei canali di rifornimento della cocaina per i Casamonica attestati a Porta Furba. Fra gli arrestati anche appartenenti ai cugini Spada, alcuni dei quali abitanti in vicolo di Porta Furba. Fra essi anche il noto pugile, ex campione italiano, Domenico Spada, detto “Vulcano”. L’altro arrestato calabrese è Stefano Spataro, 29enne di Rossano.
I SEQUESTRI Contestualmente alle misure cautelari è in atto il sequestro di diversi beni, tra cui una palestra a Marino (Rm) riconducibile al “Vulcano”, un ristorante alle spalle del Pantheon, un centro estetico ed una discoteca a Testaccio, oltre a numerosi conti correnti ed autovetture nella disponibilita’ degli indagati. Nello stesso contesto si sta procedendo anche al sequestro di diversi alloggi popolari dislocati a Roma e provincia, attualmente occupati irregolarmente da alcuni degli indagati. E’ stato accertato come, da oltre 10 anni, uno di essi sia stato usurpato con violenza e minaccia armata al legittimo possessore, oggi ultrasettantenne, costretto a vivere per strada. Si sta procedendo alla formale immissione in possesso di ulteriori 4 immobili, gia’ confiscati in via definitiva e tuttora occupati da alcuni destinatari di misura cautelare coercitiva. Nel corso delle perquisizioni sono stati rinvenuti e sequestrati vari conti correnti, circa 50.000 euro in contanti, 20 autovetture, decine di orologi di lusso e numerosi appunti manoscritti utili al proseguo delle indagini.
IL PENTITO CALABRESE Sono due i collaboratori di giustizia, tra cui una donna interna alla famiglia Casamonica, che hanno fornito elementi utili alle indagini dei carabinieri che hanno colpito il clan Casamonica. Il primo “pentito” del clan è la ex compagna di Massimiliano Casamonica, fratello di Giuseppe, ritenuto il capo dell’associazione. La donna non sarebbe stata mai bene accetta e avrebbe subito comportamenti che abitualmente il gruppo riservava agli estranei. Fuggita di casa dopo che di fatto sarebbe stata tenuta in stato di segregazione dalle altre donne della famiglia, ad accudire i figli, ha deciso di collaborare. Ora la donna, che ha meno di 40 anni, gode di un programma di protezione. L’altro collaboratore è un uomo, un calabrese residente da anni a Roma, che per il gruppo avrebbe curato interessi legati al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti.
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