CATANZARO Galeotta fu quell’intervista… Oltre a scatenare un pandemonio politico, sia pure confinato nelle segrete stanze del centrodestra, le parole del sindaco di Catanzaro riportate dal “Fatto Quotidiano” hanno rischiato di far scoppiare un “incidente diplomatico” con Floriano Noto, patron del Catanzaro Calcio e uno degli imprenditori più in vista in Calabria per le sue molteplici attività, soprattutto nel campo della grande distribuzione.
UN ASSE RISALENTE NEL TEMPO Tra Abramo e Noto c’è un fortissimo legame che risale a un po’ di anni fa. Non è un mistero che il sindaco, anch’egli imprenditore appartenente a una famiglia molto in vista a Catanzaro, e Noto abbiano storicamente intrattenuto “buoni uffici” anche politici, saldando un collaudato asse, molto influente in città. Fino però ad almeno un paio di annetti fa, con uno “strappo” consumato anche ai margini di un contenzioso tra il Comune e il gruppo Noto con riferimento alla localizzazione di marchi potenzialmente concorrenti a Noto. I bene informati sostengono che alle ultime Comunali Noto abbia ispirato anche la costruzione di una lista a sostegno del candidato sindaco del centrosinistra Enzo Ciconte contro Abramo, che però avrebbe ugualmente vinto le Amministrative conquistando il suo quarto mandato da sindaco. L’ultimo episodio che ha contrappuntato la saga tra i due “big” catanzaresi è stata il successivo acquisto da parte di Noto del Catanzaro Calcio, acquisto per il cui buon esito lo stesso Abramo si è parecchio speso.
L’INTERVISTA “INCRIMINATA” È qui che va contestualizzata l’intervista di Abramo a “il Fatto Quotidiano”. Alla domanda dei giornalisti Antonello Caporale e Pietrangelo Buttafuoco sull’avere “fatto pace con Noto”, il sindaco dice: «È lui che ha fatto la guerra a me. Visto che l’ha persa, per rimettersi in gioco ha dovuto comprare la squadra di calcio. Ha fatto una buona cosa». Dichiarazione che probabilmente non sarà piaciuta al diretto interessato, se è vero che il sindaco Abramo, con un’evidente “retromarcia”, ha dovuto prendere carta e penna, mettere una pezza all’affaire e precisare.
LE PRECISAZIONI DEL SINDACO «Le stringate battute attribuitemi dai giornalisti Caporale e Buttafuoco sul mio rapporto con il presidente Floriano Noto – esordisce Abramo – non rendono bene il mio pensiero. Capisco la necessità di sintetizzare in poche righe una lunga conversazione, basandosi su semplici appunti, ma credo sia necessario che io illustri più compiutamente il mio ragionamento. È vero che, per la prima volta da quando sono entrato in politica, mi è mancato alle ultime elezioni comunali il sostegno della famiglia Noto. Incomprensioni, spesso alimentate ad arte da taluni settori politici, hanno determinato un irrigidimento delle posizioni e la scelta di Floriano, per carità legittima, di appoggiare altro candidato a sindaco. Posso assicurare tutti che già la notte del ballottaggio ero al lavoro, con i miei più stretti collaboratori, a contattare tutti gli imprenditori nel tentativo di salvare la nostra amatissima squadra di calcio. A quel punto, Floriano Noto e la sua famiglia hanno compiuto un gesto di amore così nobile e così alto da lasciare tutti senza parole, assumendosi il grave onere di evitare alla città l’onta e l’umiliazione del fallimento della gloriosa compagine giallorossa. A loro sono sinceramente grato. D’altronde, non avendo la famiglia Noto mai avuto alcun interesse o rapporto imprenditoriale con il Comune, la scelta di rilevare la società giallorossa è stata assolutamente disinteressata e non condizionata dall’esito delle elezioni. Anzi – e questo l’ho molto apprezzato – i Noto hanno evitato di acquisire il Catanzaro prima del voto, proprio per non condizionarne il risultato finale».
“INCIDENTE” CHIUSO «Lo confermo: la vicenda sportiva – prosegue il sindaco – mi è servita per recuperare un rapporto bello e sincero con la famiglia Noto che produce occupazione e lavoro per centinaia di persone in città. Ho apprezzato molto che, lasciandosi alle spalle i veleni della campagna elettorale, Floriano e i suoi fratelli si siano messi al servizio della città, salvaguardandone uno dei più importanti patrimoni sociali e sportivi. Se si guarda bene a ciò che è successo, si tratta di una bella storia, favorita anche dal ruolo fondamentale svolto da un comune amico che non c’è più, Giovanni Colosimo, che con la sua saggezza e la sua intelligenza ha favorito la ripresa del dialogo tra di noi. Spero – conclude Abramo – di avere chiarito il senso del mio pensiero e non ho alcun rancore nei confronti dei giornalisti che, lo ripeto, avevano il difficile compito di sintetizzare». Incidente diplomatico (probabilmente) chiuso: ma perché dare sempre la colpa ai giornalisti?
a. cant.
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