È stato battezzato lo “spiazzo della vergogna”. Si tratta del primo slargo, lato mare, che divide i territori di Montauro e di Montepaone, lungo la costa jonica della provincia di Catanzaro. L’unico rimasto in terra battuta tra i tanti che sono stati bonificati, coperti con mattonelle e suddivisi in stalli per la sosta delle autovetture che nei mesi estivi trasportano le migliaia di persone richiamate dalle lunghe spiagge dorate.
A testimonianza dell’incuria permane quel quadrato di terra, nonostante esso rappresenti il biglietto da visita con il quale l’amministrazione comunale montepaonese continua a presentarsi alle centinaia di turisti, la maggior parte stranieri, che scelgono questa parte di Calabria per trascorrere le vacanze ospiti dell’albergo “Rada Siri”, il più grande del comprensorio, che proprio da quello spiazzo ha l’accesso al suo lido e quindi al mare.
Un luogo, dunque, che meriterebbe ben altra attenzione e considerazione soprattutto da chi ha la responsabilità di lavorare per assicurare lo sviluppo del territorio. Purtroppo queste sono considerazioni che o si attuano o sono destinate a rimanere un puro esercizio mentale. A meno che non si voglia accreditare l’idea che gli abitanti di quella zona sono “figli di un Dio minore” e, pertanto, non meritano ciò che altri hanno avuto.
Qualche anno fa sembrava che l’amministrazione comunale di Montepaone volesse invertire la tendenza di rimanere con le braccia conserte ed ha emanato un’ordinanza che impediva di lasciare su quel terreno imbarcazioni e, in qualche caso, pezzi di barche. Nonostante la normativa sia ancora vigente le barche continuano ad essere lasciate in quel luogo per essere usate quando fa comodo ai proprietari che, così facendo, oltre a determinare degrado, sottraggono spazio alla sosta delle automobili che nei mesi caldi e nelle ore diurne non è mai sufficiente, mentre con il calare delle tenebre, essendo l’area completamente buia, diventa meta di coppiette in cerca di luoghi appartati.
In una simile condizione di abbandono, inoltre, c’è sempre il furbetto che, con l’antico e collaudato sistema dell’albero piantato e poi recintato, continua ad annettere terreno al proprio giardino ingrandendolo, ma sottraendo spazio pubblico alla comunità. Una realtà che continua anche questa a sfuggire agli amministratori che non assumono iniziative idonee ad evitare che la polvere, sollevata dalle folate di vento o dalle acrobazie di incauti automobilisti, finisca con essere in parte respirata dalle persone e in parte destinata a depositarsi dentro gli appartamenti.
Sono decenni che al Comune di Montepaone vengono indirizzate petizioni perché si decida un intervento radicale così come è stato fatto per altre aree simili a questa in modo da restituirla alla fruizione della comunità.
Siamo peraltro nella medesima zona nella quale il progetto della costruzione del nuovo lungomare si è inspiegabilmente arenato nonostante rappresentasse il completamento di un’opera che, ultimata, avrebbe unito il meraviglioso tratto di costa che da Pietragrande si snoda fino alle porte di Soverato arricchendo una vasta area geografica che anelita di vivere anche di turismo. Siamo in una zona tra le più affascinanti del Mare Jonio dove è possibile trovare lunghe spiagge con un retroterra ricco di macchia mediterranea e ampie zone dove è possibile immergersi in acque cristalline. Un patrimonio che, se valorizzato, potrebbe cambiare le condizioni di vita di questa regione.
*giornalista
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