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«In Calabria si vive di campagne elettorali»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 24/07/2018 – 16:16
«In Calabria si vive di campagne elettorali»

La Calabria continua ad essere la regione ove si litiga e si fa di tutto per non mettere insieme le forze più genuine per garantire ai calabresi i diritti di cittadinanza. E ancora. È un sito ove si vive di campagne elettorali senza soluzione di continuità, tanto da dare inizio alle più agguerrite competizioni e concretizzare pretese individuali a partire dal giorno dopo della proclamazione degli eletti. Il tutto senza tuttavia comprendere ciò che manca e ciò che ci vorrebbe per il cambiamento. Ogni elezione all’orizzonte fa girare la testa a tanti pretendenti, spesso senza titoli culturali ed etici. Ciò è quanto accaduto sino ad ieri, e che sono in tanti che suppongono valga anche per il futuro, per essere eletti, per esempio, a governatore e al consiglio regionale.
Pochi si rendono conto delle mutazioni sociali intervenute sul modo degli elettori di giudicare la politica e di premiarla. Troppi ritengono addirittura incidentale il fenomeno M5S e Lega, registrato alle ultime elezioni per il Parlamento. Il classico errore di ipotesi! Il peggiore nell’esercizio della politica.
LE CAUSE DEL DECLINO I fattori che hanno determinato l’insuccesso dei soliti protagonisti sono stati tanti e concomitanti. Certamente ha inciso, per quanto riguarda la caduta verticale del Pd, la strafottenza di Matteo Renzi – le cui odierne sorti avrebbero impoverito i migliori bookmaker inglesi, dal 41% al 10% di oggi – nello scegliere e difendere gli indifendibili; nel pretendere consenso a prescindere, nonostante lo zaino pieno di sospetti e di comportamenti familiari non propriamente limpidi; nel dare spazio rappresentativo ad esponenti campioni di antipatia. Se Renzi piange, ovviamente Berlusconi non ride.
La causa principale del tonfo dei partiti tradizionali è stata la reciproca sottovalutazione degli avversari ma soprattutto il distacco dai desideri, dalle necessità e dai sogni dei cittadini nonché dall’interpretazione degli interessi dei quali sono stati da sempre attenti portatori la sinistra e la destra, entrambe impegnate a conquistare il centrocampo, alias il centro del quale non fare più a meno persino nella loro denominazione identificativa.
LE OVVIE CONSEGUENZE Tutto questo ha determinato una confusione tale da consentire:
– alla sinistra di intercettare i pochi voti dei ceti benestanti e perdere quelli dei cittadini in difficoltà di cittadinanza dei quali Renzi&Co. non sono più da tempo interpreti;
– alla destra di non essere ritenuta più identificativa degli interessi forti e dell’impresa;
– ai neopopulisti di intercettare tutto: i meno abbienti; gli sfigati; i preoccupati per l’insicurezza nelle strade e per la violenza ivi esercitata; gli impauriti da una esagerata immigrazione e una eccessiva girovaga nullafacenza degli immigrati che infastidisce chiunque, finanche chi apparentemente li difende; i disoccupati e gli inoccupati che non hanno di che vivere, ma anche agli eterni assistiti che hanno visto nel reddito di cittadinanza uno strumento per divenire gli specialisti nel non lavoro retribuito.
Insomma, chi ha perso e chi ha stravinto ha, rispettivamente, abbandonato al loro destino i loro ceti tradizionali e rappresentato bene i bisogni, i desideri e i sogni popolari più emergenti.
SI PERSEVERA NEGLI ERRORI Di tutto questo occorre tenerne conto – nel mentre chi ha il dovere di fare i mea culpa, sino a “fustigarsi” e cambiare squadra e metodo, e di rintracciare coerentemente la giusta via – a partire dalle prossime Regionali dell’autunno del 2019.
Dagli eventi quotidiani, che vedono protagonista la politica, non sembra tuttavia che ci sia volontà alcuna di dire basta con le vecchie regole. La minacciata fine anticipata della legislatura regionale ne è la prova. Così come rappresentano scelte tipicamente vintage quelle fatte da quei più o meno giovani che usano, nel mentre, il loro peso specifico, prevalentemente solo numerico, per racimolare un “posto a tavola” nelle future liste.
Così non va bene. Occorre, da parte di chi si ripropone, ripensare criticamente a quanto accaduto e decidere conseguentemente, e da parte di chiunque, che ha interesse a proporsi, impegnarsi ad elaborare il progetto industriale di rifondazione della Calabria. Non solo. Di scriverlo al plurale, tanto da renderlo strumento massimamente condiviso e partecipato, impegnando quanto più possibile la deputazione grillina, rappresentativa della maggioranza assoluta dei calabresi.
Il modo corretto per convenire con la collettività i sacrosanti rispettivi impegni sui grandi temi in mano delle Regioni, perché si possa passare da una regione costretta da sempre ad elemosinare e a vedersi derubata ad una realtà altamente ricettiva e fonte di progresso.
ATTENZIONE AI GRANDI TEMI Tra i tanti obiettivi da promettere e conseguire:
– una sanità per gli ammalati e non per gli elettori e gli affaristi, strappata ad un commissariamento inutile e consegnata ad una politica degna di questo nome;
– la rivendicazione di godere di più Stato, anche a discapito di quella assurda maggiore autonomia rivendicata oramai da 13 Regioni, solo perché fa chic, sulla quale si leggono in giro, in Calabria, tante sciocchezze;
– un turismo da ripensare nell’ottica di generare il catalogo più attrattivo che si possa immaginare, investendo sulle risorse naturali tanto da farlo divenire motore di ricchezza per 365 giorni;
– la generazione di un ceto dirigente che abbia le conoscenze per decidere come si deve e la volontà di arginare quella corruzione, la cui convivenza ne impoverisce la performance;
– un mare, infine, che riguadagni il fascino e diventi motore di ricchezza diffusa a seguito delle tutele elementari che i qualificati tecnici sollecitano con amore e con rabbia (Silvio Greco dixit).

*Docente Unical

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