REGGIO CALABRIA Militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, con il coordinamento della locale Direzione Distrettuale Antimafia stanno eseguendo provvedimenti emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, su richiesta del Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Procuratore Gianluca Gelso, con i quali è stata disposta l’applicazione della misura di prevenzione del sequestro in relazione all’ingente patrimonio, costituito da imprese commerciali, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, riconducibile al gruppo Bagalà di Gioia Tauro.
I sigilli sono scattati su imprese commerciali, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, riconducibile a Giuseppe, Francesco, Luigi e Francesco Bagalà rispettivamente di 61 anni, di 28 anni, di 72 anni e 41 anni. L’attività criminale delle quattro persone colpite dai sequestri di beni sarebbe emersa grazie alle indagini degli uomini del Gico e del nucleo di polizia economico-finanziaria delle fiamme gialle sotto il coordinamento Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
In particolare il Tribunale ha ritenuto che «a fronte di rapporti consolidati nel tempo ed intrapresi dai soggetti storici della famiglia Bagalà, Giuseppe e Luigi, con i vertici del clan Piromalli, su cui hanno in modo convergente riferito tutti i collaboratori, l’attività imprenditoriale del proposto e prima di lui del padre Luigi, forte di tale indissolubile legame sedimentato nel tempo è risultata certamente funzionale alle finalità associative di monopolio economico del territorio nel settore delle pubbliche commesse, assumendo il rapporto con la cosca un carattere biunivoco stabile, continuativo e fortemente personalizzato» Complessivamente con i provvedimenti è stato disposto il sequestro: di 5 imprese commerciali operanti nel settore della realizzazione di grandi opere edili e infrastrutture; quote societarie relative a 6 imprese; 161 immobili (fabbricati e terreni); 7 autovetture e beni di lusso (n. 4 orologi); rapporti finanziari e assicurativi, nonché disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di 115 milioni di euro.
LE MANI DEI PIROMALLI SUGLI APPALTI L’attività criminale delle quattro persone colpite dai sequestri di beni sarebbe emersa grazie alle indagini degli uomini del Gico e del nucleo di polizia economico-finanziaria delle fiamme gialle sotto il coordinamento Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
Attività riscontrate nel corso di indagini come l’operazione “Ceralacca” che tra il 2012 e il 2014 portò a 25 provvedimenti restrittivi personali nei confronti di soggetti ritenuti responsabili dei reati – a vario titolo – di associazione per delinquere finalizzata alla turbata libertà degli incanti, di corruzione e di rivelazione di segreti d’ufficio, tra cui Giuseppe e Francesco Bagalà. In questa indagine sarebbe emerso come il gruppo criminale avesse alterato numerose gare indette sia dalla Suap di Reggio Calabria che dalla Sorical Spa. di Catanzaro, con la complicità sistematica di dipendenti infedeli delle due stazioni appaltanti, con modalità di alterazione delle gare che mutavano a seconda della stazione appaltante coinvolta. Ma riscontri sarebbero arrivati anche da quanto emerso nell’operazione “Cumberlazione” conclusasi nel 2017 con l’esecuzione di arresti nei confronti di 27 persone ritenute a vario titolo responsabili di reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere aggravata dall’art.7 della Legge 203/1991, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici. Anche in questa indagini erano finiti al centro dell’inchiesta gli imprenditori colpiti dall’odierno sequestro di beni. In questo caso sarebbe stata ricostruita la capacità dei Piromalli – proprio attraverso l’utilizzo della famiglia Bagalà – di controllare il settore degli appalti indetti dal Comune di Gioia Tauro nonché di altri enti come l’Anas. Nel corso di questa indagine, sarebbe stato riscontrato un sofisticato sistema di turbativa d’asta tra cui un cartello compost da oltre 60 società che, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, era stato in grado di mettere le mani su almeno 27 gare indette tra il 2012 e il 2015 da vari enti per un valore complessivo di 90 milioni di euro.
Ma anche dall’operazione “Martingala”, condotta dal nucleo Pef/Gico e dalla Dda di Reggio sarebbero emerse le attività degli imprenditori contigui al clan Piromalli. Nel corso di questa indagine conclusasi nel 2018 con l’esecuzione di 27 provvedimenti restrittivi sono stati sequestrati beni per un valore complessivo di circa 119 milioni di euro. Un’operazione che avrebbe messo in luce, tra l’altro, la nascita di società operanti all’estero al fine di riciclare fraudolentamente ingenti somme derivanti da “fondi neri” creati attraverso le proprie attività illecite e giustificati da apparenti rapporti commerciali.
https://youtu.be/om9f9LXYPmI
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