LAMEZIA TERME Apparentemente è “soltanto” una sentenza; in realtà rischia di complicare la posizione della Regione e (anche) di qualche manager. Soprattutto quella del direttore generale dell’ospedale di Reggio Calabria, Frank Benedetto. Se, infatti, la pronuncia del Tar del Lazio non riguarda direttamente il manager, il caso in questione è quasi sovrapponibile al suo. Riguarda il ricorso di un candidato escluso dall’Albo nazionale dei direttori generali perché il suo curriculum non risulterebbe perfettamente allineato alle richieste della legislazione in materia. Dopo aver analizzato le motivazioni del ricorso, infatti, i giudici amministrativi hanno sottolineato che «non può essere considerato dirimente ai fini dell’accoglimento del ricorso il fatto che la Regione Calabria si sarebbe attivata solo tardivamente per la implementazione e la organizzazione dei corsi previsti» dalla legge. In sostanza, il candidato lamentava il fatto che «la Regione Calabria non ha organizzato fino al 2016 corsi di cui all’art. 3- bis, comma 4 del d.lgs. n. 502/1992 e, di contro, sostiene che il master di II livello “Diritto e management finanziario”, organizzato dalla Università della Calabria, cui ha partecipato, sarebbe assimilabile a quello richiesto dalla amministrazione per accedere all’elenco dei soggetti idonei alle funzioni di direttore generale delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e degli Enti del servizio sanitario nazionale». Osservazioni da respingere, secondo il Tar del Lazio, perché «la ricorrente ben avrebbe potuto acquisire il titolo richiesto frequentando i corsi attivati in altre Regioni, tenuto conto che la frequenza di questi corsi non ha efficacia limitata all’ambito territoriale nel quale essi sono svolti, ma è propedeutica all’inserimento in un elenco nazionale di soggetti idonei allo svolgimento delle funzioni di direttore generale su tutto il territorio nazionale».
Cosa c’entra il “caso Benedetto”? Nel mese di marzo tra la Regione e il dg dell’ospedale di Reggio si è consumato uno scontro a suon di carte bollate. Da una parte il dipartimento Tutela della Salute, che contestava al manager la mancanza dei titoli necessari per ricoprire l’incarico di direttore generale. Dall’altra il direttore generale, che sosteneva di aver conseguito un titolo valido a giustificare la propria nomina.
Ad avvicinare il caso a quello trattato dal Tar del Lazio c’è la circostanza che Benedetto, malgrado avesse presentato domanda, non figura nell’elenco nazionale dei “soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e degli altri enti del servizio sanitario nazionale”. Un particolare non trascurabile, dal momento che nella stessa lista figurano i nomi di altri dg regionali. Il “capo” dell’ospedale di Reggio, tuttavia, ha contestato le scelte di ministero e Regione con una controdeduzione precisa: il corso da lui frequentato all’Università Mediterranea di Reggio, sebbene riporti un titolo diverso, sarebbe più completo di quello richiesto nell’avviso pubblico per la formazione dell’elenco nazionale. Si tratta di un corso diverso da quello dell’Università della Calabria che i giudici amministrativi non hanno ritenuto sufficiente ai fini del ricorso appena trattato. Ma i tratti delle due vicende sono simili, così come le possibili conseguenze. Il dipartimento Tutela della Salute potrebbe tornare “all’attacco” sui titoli del manager. Con esiti tutt’altro che scontati. (ppp)
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