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«Da Africo la narrazione di una Calabria che non c'è»

Il segretario regionale della Cgil Sposato: «Per provare a raccontare un’altra regione bisogna iniziare a cambiarla»

Pubblicato il: 27/07/2018 – 12:06
«Da Africo la narrazione di una Calabria che non c'è»

CATANZARO «Ho cercato di leggere il resoconto dell’appuntamento culturale che si è tenuto la scorsa settimana ad Africo, cercando di interpretarne il messaggio. Ho chiesto ad un caro amico, saggista, cosa avrebbero pensato Corrado Alvaro, Paolo Orsi, Umberto Zanotti Bianco. Non per farne un banale paragone, sarebbe poco rispettoso, ma per capire il significato di una narrazione di una Calabria che non riusciamo a vedere, o che non c’è». Lo afferma, in una nota, Angelo Sposato, segretario della Cgil Calabria. «L’appuntamento – prosegue – si è tenuto nella settimana in cui diverse indagini giudiziarie hanno smantellato una rete ed sistema di corruzione istituzionale e imprenditoriale, ed autorevoli istituti statistici economici davano un impietoso quadro di una Calabria che si spopola, con una fuga dei giovani, con timidi segnali di ripresa che dovrebbe far raggiungere i livelli pre crisi in altri 20 anni. La Calabria potrà aspettare 20 anni? Altro appuntamento che si è tenuto la scorsa settimana è la relazione semestrale della Direzione nazionale investigativa antimafia che, nel dare un quadro sulla invasività della ‘ndrangheta, riproponeva il tema dello sfruttamento del lavoro, della povertà, del caporalato, dei giovani, dei migranti, delle infiltrazioni mafiose negli enti locali, della sostituzione diretta in politica di uomini delle ‘ndrine, del controllo della ‘ndrangheta di interi settori economici, che fa impresa e offre lavoro ai giovani, che controlla larghi settori della politica, dei partiti, cavalcando a volte l’antimafia sociale. Una narrazione, quella di Africo, che a tratti, nel tentativo di raccontare una Calabria positiva ha fatto scivolare in secondo piano la realtà, omettendo la necessità di fare un’analisi critica e tentare di individuare qualche soluzione per dare alla Calabria la cosa più importante: la normalità. Rileggendo l’intervento dell’assessore regionale alla cultura, non me ne voglia, mi è sembrato una ode al presidente Oliverio, al punto che lo stesso presidente, nelle conclusioni, con un po’ di imbarazzo, ha dovuto saggiamente raddrizzare il tiro. Ci saremmo aspettati l’annuncio di un grande piano per la cultura regionale. Per un po’, mi ero illuso, pensando a “Tra la perduta gente” di Umberto Zanotti Bianco, che si annunciasse un piano di recupero e rilancio dei paesi in abbandono, oppure, pensando a Paolo Orsi, un piano di ripresa di scavi con un accordo di programma, nei diversi siti archeologici della Calabria, coinvolgendo tutte le Università calabresi, i giovani laureati, antropologi, archeologi, ingegneri idraulici, restauratori, operai. Tutti a riscavare la storia e riaffermare le nostre identità viaggiando tra Saverio Strati, Corrado Alvaro e il contemporaneo Vito Teti. Un viaggio, quello sì narrante, che avrebbe dato spunti e significati contestuali per ridefinire un Nuovo manifesto per la cultura e la Calabria. L’appuntamento ha avuto il merito di aprire una breccia, una discussione, di risvegliare un po’ di coscienze addormentate, ma per definirla come una nuova narrazione, un nuovo racconto della Calabria, bisogna provare a cambiarla davvero la nostra terra. Il tempo perduto non torna, quello che rimane è ancora da scrivere, ma la Calabria non è solo un film, è una cosa tremendamente reale, è una “Terra inquieta” che deve essere raccontata per quella che è. Serve un lungo viaggio, che riporti alla normalità una terra complicata, con le genti straordinarie, bisogna rimettere insieme a discutere l’intellettuale e il contadino, l’operaio e il medico, l’alunno e il professore, donne e uomini che amano la nostra terra, ragazze e ragazzi, talvolta anonimi, ma che ogni giorno sono impegnati nella cultura, nelle associazioni, nel volontariato e che fanno un lavoro eccezionale».
«Tutti – conclude Sposato – devono avere le stesse opportunità di costruire una nuova narrazione, premiando il merito e non la cooptazione per fidelizzazione, non può essere solo un momento, un attimo e poi tutto torna come prima. Ripartire dalla “Perduta Gente”, gli ultimi, dalla giustizia sociale, il lavoro, la cultura, la povertà, la solidarietà, e fare un po’ quello che si faceva a sinistra, recuperando un orizzonte, ammettendo gli errori e soprattutto, dando responsabilità e spazio ad una nuova classe dirigente».

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