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«Che sia un buon anno per i giovani»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 01/01/2019 – 2:50
«Che sia un buon anno per i giovani»

Buon anno ai giovani. Lo faccio con la certezza di interpretare chi è padre e nonno. Chi ha a cuore il futuro di tutti i figli e i nipoti dei calabresi.
Non c’è mai fine
L’anno appena trascorso è finito peggio di come era cominciato. E’ iniziato all’insegna dei problemi di ieri, con l’incertezza assoluta del domani e con novità per il futuro vendute per tali, che ahinoi tali non sono state e né tampoco lo saranno. Ciò nel senso che sono state riproposte, sotto diverse mentite spoglie, le solite vecchie abitudini dell’esercizio di una politica non affatto dedicata all’interesse pubblico diffuso bensì a quello più ristretto dei promettenti, vendute come elementi rinnovatori simbolo del più sedicente cambiamento.
Il tutto venuto fuori da un calendario politico pieno zeppo di ricorrenti insuccessi che hanno portato il Paese ad essere sempre più indebitato e sconfitto, in termini di contrattualità nell’UE, distante dal conseguire gli obiettivi imposti dal fiscal compact. Quei bersagli irrinunciabili, principalmente quello di sensibile diminuzione del debito pubblico, che farebbero tanto bene ai cittadini del domani, nel senso di godere dei vantaggi di un’Europa politica altrimenti irrimediabilmente interdetta e lasciata residuare come l’Europa delle divisioni slealmente concorrenti.
Un finale, quello del 2018, che è stato da avanspettacolo, caratterizzato dagli atteggiamenti assunti dall’energumeno di Stato, impropriamente preposto a capo nel delicato dicastero dell’Interno, che hanno rappresentato il naturale epilogo negativo di un percorso, durato oltre quattro anni, di politica malsana, che ha lasciato spazi di trattativa a chiunque.
Il girone di chi paga indebitamente, sempre e comunque
Il 2014, si è distinto per i grandi cambiamenti apparenti. Un Governo guidato da chi voleva rivoluzionare l’agire della politica rottamando, insieme al ceto PD obsoleto, i propri avversari, tanto da arrivare a far passare come «meritorio» svecchiamento una sorta di pulizia ad opera di una etnia toscana, dai volti nuovi ma dai vizi più antichi. Un tentativo che si è protratto per quattro anni, terminato con il buon governo Gentiloni, abile nell’attenuare una parte degli inconvenienti di quello precedente ma costretto a mantenere in piedi scomode rappresentanze fortunatamente compensate da altre che hanno portato a casa risultati non affatto trascurabili, prioritariamente nell’ambito dell’immigrazione, conseguiti da Marco Minniti, un grande ministro dell’Interno.
Nell’ultimo biennio, nessuna novità, perché caratterizzato da uno pseudo antagonismo tra le tradizionali contrapposizioni, con un centrosinistra interpretato da portavoci scialbi e privi di appeal politico e con un centrodestra rappresentato dai soliti «antichi» protagonisti, autori delle più brutte figure collezionate all’estero.
Un nuovo che sa di usato
Dalla primavera del 2018 ad oggi. I mutamenti venduti ad una società stanca, meglio quelli acquistati come tali da oltre la metà degli italiani lo scorso 4 marzo, si sono caratterizzati per i prodotti messi all’incanto in una campagna elettorale senza fine. Illusioni fondamentali per la costruzione del consenso politico più popolare, assicurato per assoluta (e giusta) sfiducia verso gli altri.
Insomma, il 4 marzo ha stravinto la critica, seppure condivisibile, ancorché fine a se stessa e di chiara impronta populista, arrivata a governare qualche mese dopo in una combinazione politica fino a poco prima inimmaginabile e certamente non condivisibile dagli ingenti prestatori del consenso cinquestelle.
Le sorprese (non tanto) inaspettate
Concludendo, quest’anno si è anche caratterizzato per le sorprese.
1) Tre referendum «volontari e preventivi» attraverso i quali i governatori di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna hanno inteso fare voce grossa con il resto del Paese, nel senso di attribuire alle loro Regioni tutte (l’Emilia-Romagna quasi) le materie assegnate dalla Costituzione alla legislazione concorrente Stato-Regioni. Ad appropriarsi, pertanto, della competenza legislativa dello Stato con al seguito la diretta gestione delle risorse relative ad alcuna di esse. Tre eventi significativi e preoccupanti, anche per la loro simultaneità, così come per la scelta operata dal governo Gentiloni (!) di avere condiviso con le tre Regioni interessate altrettanti accordi preliminari che hanno dato il via alla fase istruttoria che dovrebbe concludersi il prossimo 15 gennaio. Episodi, questi, nei confronti dei quali la politica e la parte dell’Italia «più offese» hanno sino ad ora appena accennata una qualche preoccupazione sul primordiale istinto lombardo-veneto preparatorio di una stagione autonomista che sembra essere oramai dietro la porta.
Alle forze politiche, al lordo ovviamente del M5S, che si ritengono fedeli custodi dell’unità sostanziale del Paese e tutori dell’interesse autentico del Mezzogiorno, il compito di dimostrarlo impedendo la disfatta, non rendendosi complici consapevoli del buon esito parlamentare al ddl «separatista», per il momento, del solo Veneto!
2) In prossimità del cenone di Capodanno, una legge di bilancio tirata fuori dal sacco allo scadere del tempo massimo, che ha costretto la Camera dei Deputati a smaltire nell’Aula di Montecitorio allo scadere del 2018 i fumi delle cene della vigilia di Natale.
Una legge fondamentale dello Stato quest’anno piena zeppa di incongruenze, di illegittimità costituzionali e di ingiustizie sociali nonché di un incremento fiscale dell’ 0,4%. Non solo. Anche di qualche ilarità per le sciocchezze ivi contenute. Prima di tutte, il raddoppio della tassazione (Ires) per gli enti no profit, giusto per punire quel volontariato tanto «caro» a Matteo Salvini. Ma anche quella suscitata dal sogno di pretendere di importare i pensionati esteri al sud del Paese, più esattamente nei Comuni con meno di 20mila abitanti, incentivando un tale turismo senile con un prelievo fiscale del 7% sull’assegno in loro godimento. Una agevolazione che farebbe da pendant con la consequenziale condanna dei nonni «(re)importati» a subire le disgrazie assistenziali cui sono vittime i loro omologhi di casa nostra, a causa di servizi sociosanitari e di trasporto pubblico locale dei quali il Mezzogiorno è cattivo esempio europeo.
L’augurio per 2019
Sul piano politico, si auspica che sulle macerie imminenti del Governo giallo-verde, che la parte sana dei gialli digerisce peggio dei peperoni arrostiti, si possa costruire la maggioranza della riscossa, cui di certo potranno contribuire la nuova segreteria PD verosimilmente di Luca Zingaretti, il grave imbarazzo cui è sottoposto da mesi il presidente Roberto Fico e il ritorno di Alessandro Di Battista.
Nel merito, che si faccia tanto, tutto per i giovani. Perché gli stessi possano trovare «in patria» tutto ciò che desiderano e meritano. Un tale risultato darà modo al Sud, ahinoi in via di sensibile svuotamento ed «estinzione» di pars nazionale, di generare il proprio successo e una popolazione ove i padri e i nonni avranno la «fortuna» di vedersi vicino i rispettivi figli e nipoti, uscire la mattina per recarsi al lavoro.

*docente Unical

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