CATANZARO «Quanto è successo a Capodanno non può che suscitare sgomento, rabbia e indignazione, oltre che preoccupazione». Lo ha dichiarato l’assessore regionale Angela Robbe in riferimento alla tragedia sfiorata nella tendopoli di San Ferdinando.
«È l’ennesimo incendio che scuote la sovraffollata baraccopoli di San Ferdinando – prosegue –. La Regione Calabria ringrazia il lavoro tempestivo dei vigili del fuoco che hanno scongiurato l’ennesima sciagura. Ciò, però, non rende meno grave e doloroso quanto accaduto, né ci sottrae ad alcune riflessioni che devono guidare l’agire dell’amministrazione e, prima ancora, l’agire umano. Sorpresa, invece, ha suscitato la richiesta della Cgil di nuovi container, che andrebbero ad alimentare il ghetto in cui vivono queste persone e, come ha dichiarato lo stesso presidente durante l’ultima riunione in Prefettura, non c’è nessuna intenzione di alimentare ghetti destinando risorse a questi fini».
«La responsabilità ultima di quanto è accaduto, e che purtroppo continua ad accadere – rimarca ancora la Robbe –, sta nel non voler vedere che la soluzione non può essere spostarsi più in là e creare un’altra tendopoli o baraccopoli, fatta di tende, o di container o di moduli abitativi, che andrebbero a determinare un altro “non luogo” privo di ogni servizio e regola e che continuerebbe nel ghettizzare queste vite e metterle, non meno a rischio di come lo sono ora. Non possono essere queste le soluzione che offrono le istituzioni, giustificandosi dietro all’emergenza».
Queste considerazioni dell’assessore Robbe nascono dalle proposte che il presidente della Regione Mario Oliverio ha avanzato nell’ultimo tavolo tecnico permanente, tenutosi in Prefettura, e che sono state condivise dal Prefetto di Reggio Calabria, Michele Di Bari, dal commissario Reppucci, i sindaci delle aree interessate e le parti sociali.
«La soluzione a questi “non luoghi” – ha proposto Oliverio all’ultima riunione in Prefettura – potrebbe essere: la disponibilità da parte di quei Comuni, che hanno già dimostrato una forte sensibilità sul tema dell’accoglienza, avviando i progetti Sprar e di accogliere i lavoratori se ne hanno diritto, oppure, facilitare l’individuazione di case da sfitte da tempo, o ancora, moduli abitativi all’interno delle aziende in accordo con gli imprenditori agricoli dell’area o i beni confiscati, inutilizzati, di cui la Prefettura dispone dell’elenco completo, da destinare a residenze per i lavoratori stranieri».
Considerazioni che l’assessore Robbe riprende per affermare: «Lo ha detto chiaramente il presidente Oliverio e ha impegnato la Regione nella costruzione di un fondo da usare a garanzia per favorire l’ottenimento di case in fitto o la sistemazione di questi beni come anche il servizio navetta. Questo percorso per quanto sembri più difficile è l’ineludibile scelta da seguire – mette infine in evidenza la delegata a Lavoro e Welfare –, considerato che questo flusso migratorio, non è un’emergenza come si vuol fare passare, ma è parte della nostra ordinaria quotidianità. Questi lavoratori contribuiscono nella manodopera agricola che ha determinato un peso importante nel Pil della Regione. La scelta del prefetto di incontrare e verificare la possibilità di accogliere questi migranti nei progetti Sprar va in questa direzione. In tal senso dobbiamo trovare la risposta vera e strutturale a un problema che altrimenti si riprodurrà ciclicamente a danno di tutti: dalle persone accolte alle comunità di cui siamo parte e che dobbiamo far crescere».
SINDACATI: «METTERE IN SICUREZZA I LAVORATORI» Sulla vicenda sono intervenute, attraverso una nota, anche la Cgil e la Flai. «Abbiamo avuto già modo di sottolineare – si legge nella nota – la nostra forte preoccupazione per lo stato in cui si trovano costretti a lavorare e vivere i lavoratori nella baraccopoli di San Ferdinando, e lo abbiamo fatto anche denunciando e proponendo soluzioni nei diversi tavoli istituzionali, insieme alla Regione Calabria e alla Prefettura di Reggio Calabria, alle forze dell’ordine, alla vigilanza ispettiva del lavoro, concordando un impegno celere, al fine di garantire condizioni di lavoro e di accoglienza dignitose per i lavoratori extracomunitari. Impegno, però, che non sembra rispondere alle reali esigenze di collocare al più presto i migranti al sicuro e fuori da quel ghetto infernale che è la tendopoli. Come organizzazione abbiamo sempre ravvisato la necessità di progetti verso l’integrazione e l’accoglienza diffusa rifacendoci al modello Riace e similari, ma non possiamo aspettare che nel frattempo avvengano ulteriori tragedie annunciate e sfruttamento diffuso, alla luce anche delle conseguenze che il decreto sicurezza può causare e che rischia di creare, riempiendo ulteriormente i ghetti esistenti. Per tali ragioni riteniamo come sindacato confederale e di categoria che vadano individuate soluzioni immediate per salvaguardare l’incolumità e la vita delle persone attraverso l’installazione di moduli abitativi certificati, come avviene nei grandi cantieri pubblici, in un sito idoneo, che possano così prevenire il freddo e la possibilità di nuovi incendi, ma anche migliori condizioni igieniche e sanitarie. Questa è una opzione sicuramente temporanea, che va svuotata in concomitanza con un piano casa diffuso, ma altrettanto necessaria per prevenire incidenti ben più gravi». «Oggi – conclude la nota del sindacato – ribadiamo la nostra richiesta con forza: i lavoratori vanno messi subito in sicurezza, non siamo disposti ad attendere una nuova tragica fatalità che denunceremo in ogni sede competente richiamandone le responsabilità».
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