LAMEZIA TERME Non ha parlato davanti al gip Pino Scalise, il capo dell’omonima cosca del Reventino, considerato dagli inquirenti della Dda di Catanzaro rappresentante del gruppo storico della montagna. Davanti ai gip di Lamezia Terme e di Ivrea si sono tenuti gli interrogatori di garanzia dei 12 indagati raggiunti da fermo, con l’accusa di associazione mafiosa, nell’ambito dell’inchiesta “Reventinum” condotta dalla Dda di Catanzaro e dai carabinieri del comando provinciale di Catanzaro. Oltre a Pino Scalise, difeso dagli avvocati Piero Chiodo e Antonio Larussa, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Domenico Mingoia, difeso da Piero Chiodo e Rolando Chiodo, Andrea Scalzo, difeso da Lucio Canzoniere, e Angelo Rotella, difeso da Antonio Larussa. In pratica hanno fatto scena muta coloro che gli inquirenti indicano come rappresentanti della cosca Scalise che dagli inizi degli anni 2000 ha iniziato una sanguinosa guerra con la presunta cosca dei Mezzatesta, i cui rappresentanti sono finiti in carcere nel corso della stessa operazione. Del gruppo Scalise ha parlato solo Vincenzo Mario Domanico, difeso dall’avvocato Stefano Nimpo, affermando di conoscere gli indagati ma di non averci mai avuto a che fare e rigettando le accuse a suo carico.
Al contrario degli Scalise, i Mezzatesta hanno parlato tutti. Ha reso dichiarazioni spontanee al gip Eugenio Tomaino, difeso da Antonio Gigliotti e Ortensio Mendicino, e hanno risposto al giudice per le indagini preliminari di Lamezia, dichiarando la propria estraneità ai fatti, Livio e Giovanni Mezzatesta, difesi da Giancarlo Pittelli, Giovanni Merante e Antonio Gigliotti. Dal carcere in Piemonte in cui si trova ristretta ha risposto al gip anche Ionela Tutuianu, compagna di Domenico Mezzatesta, considerato a capo del gruppo. La donna è accusata di avere fatto da tramite per riferire i messaggi del Mezzatesta dal carcere agli affiliati.
ale. tru.
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