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«Caro Giuseppe, è passato un anno e sono stata abbandonata. Ma non mi arrendo»

La lettere di Katia Villirillo, la mamma del 18enne ucciso a Crotone a colpi d’arma da fuoco da Salvatore Gerace perché temeva che il giovane spiasse le sue attività illecite. Tante le delusioni e …

Pubblicato il: 13/01/2019 – 10:39
«Caro Giuseppe, è passato un anno e sono stata abbandonata. Ma non mi arrendo»

CROTONE «Mio caro Giuseppe, oggi è un anno che vivo senza di te. Alle 16.15 di un anno fa ero qui a stringerti fra le braccia mentre te ne andavi». Inizia così la struggente lettera scritta da Katia Villirillo, la mamma di Giuseppe Parretta il 18enne ucciso lo scorso anno a Crotone, pubblicata questa mattina sul Corriere della Sera. In carcere è finito Salvatore Gerace, 56enne con precedenti per estorsione, spaccio, droga e rapina, che avrebbe subito confessato di aver ucciso Giuseppe Perrotta a colpi d’arma da fuoco perché temeva che il ragazzo potesse spiare le sue attività illecite. L’omicidio avvenne all’interno dell’associazione antiviolenza “Libere donne” gestita dalla mamma del 18enne.
«Sento come fosse adesso il calore del tuo corpo svanire, ti ho davanti agli occhi mentre — anche dopo il terzo sparo, dolorante — indicavi a Ester di salvare i tuoi fratellini. Ester – prosegue la lettera -, che sognavi di far diventare la tua sposa, ha dovuto vederti morire proprio come me. Quante volte ti avrò detto: non te ne andare, ti scongiuro non lasciarmi… Per quasi due mesi ho vissuto in una bolla di dolore che sembrava una resa, ho sentito il suono degli spari nella mia testa un milione di volte».
Il ricordo di Katia Villirillo prosegue con le tante delusioni, l’abbandono da parte delle istituzioni e le tante promesse mancate. «Sai quelle telecamere – scrive – per rendere più sicura la zona del mio Centro antiviolenza? Non sono mai arrivate. E nemmeno la nuova sede, è arrivata. Ho riaperto dov’eravamo quando c’eri tu, dove ho aiutato tante persone in difficoltà e dove non ho potuto salvare te, anima mia. Ti ricordi la promessa che ti feci mentre te ne stavi andando? «Io non mi arrenderò», ti dissi. E non l’ho fatto, amore mio».
«Ho riaperto il centro e sto facendo tante cose per te – continua -. Sto raccogliendo firme contro gli sconti di pena nei casi di omicidio, non voglio ritrovare il tuo assassino dietro l’angolo fra pochi anni. Io e le persone che ti hanno voluto bene stiamo per aprire un’associazione a nome tuo per aiutare i giovani, proprio come volevi tu. Sto organizzando un concorso letterario che porterò nelle scuole e si chiuderà con un premio per la legalità che avrà, anche quello, il tuo nome.
«Vedi, amore mio? – conclude la lettera – Io cerco di resistere e non mi arrendo. Ma sapessi com’è dura… E intanto è passato un anno e la tua assenza è qui, ogni giorno più presente».

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