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«La sfida di Cotticelli: coniugare legalità e diritti»

di Mario Nasone*

Pubblicato il: 15/01/2019 – 13:06
«La sfida di Cotticelli: coniugare legalità e diritti»

Il nuovo commissario alla sanità Cotticelli ha centrato con le parole legalità e diritti i mali che affliggono da sempre la sanità calabrese e che ne hanno fatto da un lato terreno di conquista per comitati affaristici-mafiosi che hanno rapinato a piene mani risorse, dall’altro spazio per i Partiti per spartizioni di potere e per costruire consensi premiando amici e cordate piuttosto che garantire il diritto alla salute ai cittadini.
Non a caso la sanità in Calabria viene costantemente “bacchettata” per l’incapacità strutturale a raggiungere i Livelli essenziali di assistenza. Gli ultimi dati sulla “griglia Lea 2017” la portano all’ultimo posto tra le regioni italiane, superata anche dalla Campania che fino allo scorso anno era il fanalino di cosa.
Un trend in costante peggioramento, cui non ha certamente giovato oltre un decennio di commissariamento.
E, come sempre accade, a farne le spese sono i cittadini calabresi, ed in particolare i più deboli e fragili.
Se infatti tutti i cittadini pagano amaramente l’inconsistenza del sistema sanitario calabrese, le fasce marginali ne subiscono, proporzionalmente, le conseguenze più gravi.
All’interno di un sistema sanitario incapace di rispondere ai bisogni più elementari, infatti, la sanità “popolare” rivolta a persone con particolari fragilità, rappresenta, drammaticamente, un lusso insostenibile.
E così i tagli lineari degli ultimi anni non sono non hanno risparmiato persone con disabilità, malati psichiatrici, tossicodipendenti, anziani over 65, ma addirittura hanno inciso percentualmente in misura superiore.
È il caso, per intenderci, di tutto il comparto territoriale, dai servizi di riabilitazione alle comunità psichiatriche e per tossicodipendenti, passando per tutto il settore, tutt’oggi fortemente al di sotto del fabbisogno, rappresentato dall’assistenza domiciliare.
Eppure, paradossalmente, il mancato investimento in politiche sanitarie territoriali adeguate, rappresenta un risparmio irrilevante e porta con sé costi sociali altissimi, che gravano come sempre sulle spalle dei calabresi. Basti considerare i costi della sanità penitenziaria, dei trattamenti sanitari obbligatori, degli interventi in pronto soccorso.
Peraltro, quella calabrese, è una sanità schizofrenica, che da un lato elabora documenti di programmazione (la cosiddetta Rete Territoriale) individuando il proprio fabbisogno di posti letto e prestazioni sanitarie in ambito territoriale, dall’altro sconfessa sé stessa non prevedendo le risorse economiche necessarie per coprire gli interventi che ha programmato come necessari per rispondere ai bisogni sanitari dei cittadini.
Emblematico il caso delle comunità terapeutiche per tossicodipendenti, dove viene coperto solo il 40% dei posti che la stessa regione Calabria ha previsto quale fabbisogno minimo!
Ma lo stesso vale per i servizi residenziali per anziani e disabili dove la percentuale e più alta, circa l’80%, ma comunque di molto inferiore al fabbisogno necessario.
Lo scorso dicembre si era aperto un barlume di speranza quando l’allora commissario al piano di rientro Massimo Scura, considerando finalmente, e tardivamente, tale assurdo paradosso, ha definito finalmente i tetti di spesa con riguardo al fabbisogno effettivo, fissando criteri oggettivi di calcolo in base ai posti esistenti ed accreditati.
Purtroppo tale decreto è stato sospeso negli effetti dalla nomina del nuovo commissario alla sanità Calabrese, e ad oggi tutti i servizi territoriali calabresi si trovano senza contratto e garanzie sui volumi di prestazioni da erogare.
Sarebbe auspicabile che il nuovo commissario dottor Cotticelli tenga conto della situazione e confermi i criteri tardivamente adottati dal suo predecessore.

*presidente di Agape

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