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Infanticidio per i soldi dell’assicurazione, carabinieri in Aula

“Medical Market”, i militari di Corigliano confermano di non aver trovato tracce dell’incidente che avrebbe causato la morte del feto portato in grembo dall’imputata

Pubblicato il: 17/01/2019 – 18:26
Infanticidio per i soldi dell’assicurazione, carabinieri in Aula

COSENZA «Abbiamo cercato per 15 chilometri i segni dell’incidente stradale sulla strada statale 106 dal porto di Schiavonea ai laghi di Sibari, poi abbiamo cercato segni di infrazione anche sulla strada provinciale 189 ma non abbiamo trovato niente». Sono passati anni ma l’allora maresciallo capo dell’aliquota radio mobile dei carabinieri di Corigliano, Filippo Placidi, ricorda tutto della notte tra il 15 e 16 maggio 2012. Una chiamata – passate da poco le 22 – ricevuta dal medico Sergio Garasto invitava i militari a raggiungere il nosocomio di Corigliano. Una donna a seguito di un incidente aveva dato alla luce un bambino, ma era morto qualche istante dopo. All’epoca dei fatti il medico non immaginava che sarebbe finito alla sbarra come imputato insieme a Stefania Russo, a Nunziatina Falcone e a Piero Andrea Zangaro per il reato di infanticidio. È l’effetto dell’operazione “Medical Market” condotta dalla Procura di Castrovillari che coinvolse 144 persone tra medici, avvocati, infermieri. Gli imputati sono accusati di aver fatto morire il bimbo portato in grembo per intascare i soldi coperti dall’assicurazione in caso di sinistri stradali. Ad accompagnare la mamma del piccolo, Stefania Russo, in ospedale è stata Nunziatina Falcone. «Ho chiesto alla Procura di poter visionare i tabulati – continua il maresciallo – ma tra le due non risultano contatti prima delle 23.15, motivo per cui ritengo non sia stato possibile che l’abbia avvertita telefonicamente per chiedere aiuto». La risposta che il carabiniere fornisce al magistrato Valentina Draetta riassume tutto l’impianto accusatorio della Procura in base al quale i medici dell’ospedale di Corigliano coinvolti nella vicenda avrebbero avuto un giro d’affari con delle donne compiacenti pronte a simulare degli incidenti stradali. Il finto sinistro sarebbe stata la causa di un parto prematuro realizzato con la tecnica del pinzamento e da lì a qualche istante, senza le dovute cure, la morte del bambino nato prematuramente. Al resto avrebbero pensato gli avvocati con le cause in sede civile. Nel corso dell’udienza celebrata nella Corte d’Assise del tribunale di Cosenza, presieduta da Paola Lucente, è stato ascoltato anche il luogotenente dell’Arma dei carabinieri tutt’ora in servizio nella città ionica che ha riferito nel complesso tutta l’attività di indagine svolta dai militari. Il carabiniere, citato come testimone dal pm, ha letto alcune intercettazioni ambientali captate nell’ospedale di Corigliano in cui delle ostetriche discutevano proprio di come alcune delle pratiche, per cui sono accusati gli indagati, fossero praticate nei reparti di ginecologia attraverso degli operatori compiacenti.

mi. pr.

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