Tra gli addetti ai lavori non vi sono dubbi: la “gola profonda” si annida dentro il Consiglio superiore della magistratura. E di danno, spedendo i verbali della Prima commissione alla giornalista Antonella Mascali de Il Fatto Quotidiano, ne ha provocati tanti. Il più grave, paventano gli investigatori della Dda di Catanzaro, risiede nell’aver praticamente bruciato delicatissime indagini attualmente in corso e riguardanti certamente alcuni magistrati, ma principalmente “colletti bianchi” della borghesia mafiosa catanzarese e non solo catanzarese.
È anche per questo che da due giorni negli uffici della Procura antimafia del capoluogo si lavora a pieno regime, tentando appunto di evitare inquinamenti probatori o nuovi tentativi di depistaggio.
Lo si fa muovendo proprio dalle tante polpette avvelenate che nelle ultime settimane erano finite nelle redazioni di diversi giornali. Molte schivate, l’ultima ingoiata senza alcun approfondimento, che pure non era difficile da condurre. Il riferimento è ai quindici magistrati calabresi indagati a Salerno. In effetti sarebbero solo cinque e solo due di questi connessi con indagini su appalti e ‘ndrangheta. Ma qualcuno ha preferito servire un “fritto misto” dove compaiono anche le posizioni di diversi magistrati che già da anni sono state concluse con richiesta di archiviazione. È il caso del procuratore aggiunto Vincenzo Luberto: come correttamente annota la giornalista Mascali nel suo reportage, l’accusa a suo carico era di aver violato il segreto d’ufficio. Lo avrebbe fatto informando di indagini a suo carico «il vicepresidente della Giunta Regionale Nicola Adamo». Piccolo dettaglio: i fatti risalgono al 2007, quando nella prima giunta Loiero era vicepresidente, appunto, Nicola Adamo in quota Ds. Undici anni sono passati e nel frattempo Luberto ha lasciato Cosenza, dove era sostituto, per arrivare a Catanzaro. Adamo, invece, è uscito dalla politica dopo la vittoria di Scopelliti e fuori è rimasto anche con l’arrivo di Oliverio, pur essendone il più ascoltato consigliori.
A dire della “soffiata” che Luberto avrebbe fatto a Nicola Adamo, sarebbe stato l’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato che, dopo una condanna per mafia, aveva avviato una collaborazione con l’allora pm De Magistris nell’ambito del processo “Why not”.
Conferma oggi Tursi Prato: «Venni interrogato solo una volta dai magistrati della Procura di Siderno. Era il 2008 o il 2009. Da allora nessuno mi ha mai sentito e nessuno mi ha mai chiesto niente». Poi da vecchio volpone aggiunge: «Se alla Procura di Salerno hanno voglia di sentirmi, sono pronto a rispondere. Su Luberto non ho nulla da dire ma su altri suoi colleghi posso riferire cose interessanti e raccontare le pressioni che esercitavano perché mettessi nei guai qualche loro collega».
Eccolo il verminaio catanzarese. Rispolvera un episodio vecchio di undici anni che qualcuno ha “dimenticato” di archiviare e, guarda caso, lo fa quando Luberto diventa uno dei più stretti collaboratori del procuratore distrettuale Nicola Gratteri e firma inchieste delicatissime come quelle sul Cara di Isola Capo Rizzuto o sugli appalti pilotati di Scalea e di Lorica.
Il tutto alla vigilia di una importante “discovery”: il 14 febbraio prossimo (ne diamo notizia qui) comparirà davanti al Gup il maresciallo dei carabinieri Carmine Greco. È finito in carcere con l’accusa di associazione mafiosa, poi mitigata in concorso esterno. Ha vuotato il sacco e fatto nomi eccellenti. Anche della magistratura. I suoi verbali adesso stanno per diventare pubblici, tranne che nelle parti spedite alla Procura di Salerno per competenza.
Non è un mistero che proprio attorno alle indagini segretissime svolte sul conto del maresciallo, e sulle intercettazioni che portarono al suo arresto, è maturato lo scontro tra il procuratore generale Otello Lupacchini e il procuratore distrettuale Nicola Gratteri. Lupacchini chiedeva conto a Gratteri per il mancato coordinamento con la Procura di Castrovillari, Gratteri reagiva evidenziando che se lo avesse fatto avrebbe violato il segreto istruttorio. La Cassazione si ritrova il carteggio in mano e non sa che pesci pigliare. La prima commissione del Csm prova a incartare tutto d’urgenza, teme che al Plenum l’aria possa cambiare.
È in questo contesto che la “talpa” muove i suoi passi: buttare fango nel ventilatore in modo che delegittimando tutti… si possa salvare qualcuno.
direttore@corrierecal.it
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