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«Il ruolo della giustizia nella Calabria delle emergenze»

di Dalila Nesci*

Pubblicato il: 26/01/2019 – 16:46
«Il ruolo della giustizia nella Calabria delle emergenze»

L’inaugurazione dell’anno giudiziario è un momento istituzionale solenne, di riflessione e insieme di progetto.
Ringrazio molto per l’invito a parlare in questa sede, che mi consente di esprimere sincero e profondo apprezzamento per l’operato della magistratura in Calabria, delle forze dell’ordine e di quanti, con proprio rischio, hanno permesso di ottenere risultati di rilievo nel contrasto di ogni forma di criminalità.
Spesso la giustizia è intervenuta – di certo mai con scopi politici – per supplire alle mancanze del sistema della rappresentanza, che in larga misura ha dimostrato la volontà, direi pervicace, di conquistare le postazioni di comando attraverso l’illecito orientamento del consenso elettorale.
Ce lo confermano l’inchiesta “Mammasantissima” della Dda di Reggio Calabria e i procedimenti ad essa riuniti, che hanno fatto emergere una struttura di vertice di ‘ndrangheta e apparati di potere collaterali; una struttura capace di preparare carriere politiche e di favorire gli interessi dell’antistato, non più inteso come semplice criminalità organizzata.
Ce lo confermano anche i procedimenti aperti sull’azienda pubblica “Calabria verde”, che toccano da vicino i piani alti del palazzo regionale, da cui non è pervenuto esempio pubblico di difesa delle istituzioni, con il pretesto di un garantismo di maniera che Paolo Borsellino avrebbe biasimato senza indugi.
La magistratura arriva dove può: con gli strumenti di cui dispone e con l’aiuto di cittadini calabresi intrepidi. La magistratura sta entrando con grande coraggio nei gangli del potere. Nel merito penso, per esempio, all’operazione “Stige”, coordinata dalla Dda di Catanzaro, oppure a quella denominata “Lande desolate”, sotto la direzione della stessa Dda. Penso anche ai numerosi arresti di dirigenti e funzionari regionali che, secondo l’accusa, si sono posti dall’altra parte della barricata. Si sono, cioè, lasciati andare al vecchio vizio della corruzione, adoperandosi per garantire vantaggi a loro stessi e così tradendo i doveri, imprescindibili, di fedeltà e imparzialità.
In generale la componente politica ha ancora fatto poco, ignorando che in Calabria c’è un’emergenza assoluta. Negli uffici pubblici le leggi vengono spesso scavalcate o interpretate per l’utile del più forte; per la perpetuazione di logiche antidemocratiche e per la salvaguardia di apparati che hanno utilizzato in proprio, fuori della legge, il bene e il denaro della collettività.
Ne è derivato un aumento esponenziale dell’emigrazione, che ha prodotto un impoverimento del tessuto culturale, economico, sociale e politico dell’intera Calabria, messa in ginocchio dalla disoccupazione, dalla diffusa mancanza di una scuola formativa e di possibilità di sviluppo economico reale.
Molto in breve, voglio concludere con due auspici personali.
Intanto in Calabria occorre moltiplicare gli sforzi per reprimere i reati contro la libertà democratica, contro la pubblica amministrazione e contro l’ambiente. Ciò chiama anzitutto la politica a uno sforzo maggiore, alimentato anche dalle aspettative della società, ormai ben informata e consapevole dei fatti, degli scenari che riguardano la gestione del potere. Serve un rafforzamento in termini di uomini e mezzi, e su questo il nuovo governo sta mettendo mano con determinazione. Serve anche una legislazione molto più attenta, in grado di rispondere ai bisogni della comunità locale, della giustizia e delle forze di polizia; soprattutto in questo momento di conflitti sociali e diseguaglianze che tendono ad aumentare anche a causa della crisi finanziaria, economica e politica in atto in Europa.
In secondo luogo, vorrei che la magistratura fosse più coesa, più unita e dunque più forte. Non nascondo le mie preoccupazioni per le recenti notizie secondo cui esistono indagini a carico di magistrati calabresi, che mi auguro dimostrino la loro totale estraneità. Per sconfiggere la cultura del sospetto e della diffidenza, bisogna fornire degli esempi. Credo che su questa esigenza possa e debba esserci un patto, non solo istituzionale, tra tutti gli attori che possono concorrere all’emancipazione dei calabresi da uno stato di sudditanza economica e politica. Noi parlamentari faremo la nostra parte, perché non c’è più tempo da perdere.

*deputata M5S

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